Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
Né meglio soli, né mal accompagnati. Meglio non vederci, non sapere, meglio passare inosservati per quanto assurdi, come un cammello in una foresta irlandese o una festa danzante ognuno rinchiuso dentro i suoi auricolari. La tesi di fondo di “The Lobster” riesce ad andare oltre il nichilismo, trova dopo il nulla qualcos’altro di ancora più vuoto: esclusi (repressi) a forza sia il modello di coppia formale che quello della singolitudine scelta o non scelta, anche all’amore (se amor fu...) non da molte chances liberatorie, riserva anche a quello i medesimi schemi dei due modelli suddetti, e gli attribuisce i medesimi limiti e miserie. Yorgos Lanthimos non fornisce risposta alcuna, soltanto sporca con un sottile velo di ironia (quanto basta per uscir vivi dalla sala cinematografica) un quadro di una drammaticità esasperata e senza scampo, ben spalleggiato da un buon cast efficace e convincente (bravissimi sia Farrel che Weisz). Forse (ma davvero forse, non escludo di averlo visto solo io...) solo nell’inquadratura finale, dietro la vetrata del locale dove “l’amor fou” si aspetta inutilmente e cieco, nell’ampio parcheggio antistante, due grossi TIR dello stesso modello e colore si fanno incontro vis a vis, penetrandosi l’uno nell’altro, silenziosi e molto, molto sullo sfondo. Forse...
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