Regia di Stephen Frears vedi scheda film
The Program racconta la storia di Lance Armstrong, ciclista che pareva invincibile e che invece (ma si è scoperto solo dopo le vittorie) si dopava in modo smisurato per risultare sempre e comunque il migliore. Ispirato al libro inchiesta di David Walsh, il giornalista britannico che scoperchiò il caso, il film vorrebbe essere una specie di thriller “basato su una storia vera”, con il corridore interpretato da Ben Foster, peraltro guarito da un tumore, che diventa emblema di un mondo dove conta solo arrivare primi, a ogni costo. Il ritratto di un campione senza scrupoli viene concepito da Stephen Frears come moraleggiante, senza che mai ci si interroghi sull’acquiescenza di un pubblico vastissimo (anche di addetti ai lavori) disposto a credere per anni all’incredibile, vale a dire che un uomo potesse vincere tutto e in quel modo, quasi senza fatica. Il problema di The Program sta da un lato in questa sorta di cronachismo fasullo, mai empatico, solo illustrativo; dall’altro nella pretesa eccessivamente mimetica degli attori, con i personaggi che rasentano la macchietta. Spicca negativamente su tutti il dottor Ferrari, eminenza grigia del doping impersonato da Guillaume Canet, tutto gesticolante in quanto italiano. Siccome sappiamo quanto sia di solito bravo Canet, il difetto sta evidentemente nel manico, nel regista, che non ha voluto o non ha saputo prendere altre strade, più credibili e meno risibili.
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