Regia di Jerome Sable vedi scheda film
Un'altra versione de Il fantasma dell'Opera realizzata da un regista canadese al debutto. Inopportuna la tematica splatter, quando avvicendata al musical, soprattutto quando l'elemento di base (le canzoni) sono al limite dell'ascoltabile. Bruttarello forte.
Al Teatro Firenze (!!!) va in scena l'ennesima versione del Fantasma dell'Opera ma stavolta l'attrice principale, Kylie Swanson (Minnie Driver), ha fatto colpo su un importante produttore di Broadway. La donna convive con Roger (Meat Loaf) e ha due piccoli gemelli: Camilla (Allie McDonald) e Buddy. Una sera, quando attende nel camerino il suo "nuovo" amante, viene brutalmente massacrata. Dieci anni dopo la compagnia teatrale ospita, in un campus scolastico appositamente costruito, una variegata serie di studenti per l'annuale ritrovo. Qui Camilla e Buddy operano in cucina, in veste di cuochi, mentre dietro le quinte si predispongono le prove per la scelta del cast de... Il fantasma dell'Opera. Questa volta il giovane regista Artie (Brandon Uranowitz) vuole dare alla rappresentazione un taglio nipponico, con maschera dello spettro rimodellata in stile kabuki. Camilla, infrangendo le regole, passa dalla cucina alle audizioni venendo subito notata dal regista che la vuole nel ruolo principale. Proprio quello della mamma. Intanto un sanguinario assassino mascherato uccide il regista: è solo il primo di una lunga serie di efferati delitti.
Esordio nella regia di un lungometraggio del canadese Jerome Sable, evidentemente un appassionato di musica dato che propende per realizzare un mezzo splatter canterino, con protagonisti dall'ugole d'oro a danno del nostro senso uditivo. Una didascalia iniziale avverte che la storia è ispirata a fatti realmente accaduti ma, per rispetto delle vittime, si sarebbero cambiati i nomi, non la dinamica dei delitti. Ma per favore! E dopo questa probabile menzogna, Stage fright inizia bene, con cinque minuti di grande cinema ed una violenza grafica (il primo delitto) esplicita e ben resa. Si fa sul serio dunque? No. Era solo un'altra bugia del simpatico regista (anche sceneggiatore) perché da questo momento in poi il film oscilla tra cattivo gusto (delitti commessi al ritmo di allegre cantilene) e una prevedibilità di fondo che ha del patetico.
Non solo il soggetto è abusato (sembra qui di trovarsi di fronte ad una brutta copia di un ibrido tra Il fantasma del palcoscenico e Deliria, quest'ultimo noto a livello internazionale come... Stagefright) ma il registro musicale -scanzonato e "gaio"- non combacia affatto con il contenuto. Si salva solo il buon Meat Loaf, attore/cantante in ruoli mai da buono o cattivo ma sempre in limine, divenuto immediata icona del genere musical da quando -ancora ragazzetto ribelle- entra in scena (su una moto con inciso, appunto, sulle dita amore/odio) nel mitico The Rocky horror picture show. Ma è meglio fermarsi qua, dato l'abisso che corre tra i due film che di comune hanno solo l'appartenenza ad una categoria (il musical) che, probabilmente per alchimie sconosciute, mai potrà legare con il thriller o l'horror.
Curiosità
La locandina approntata per il mercato inglese (sopra) contiene una sintesi grafica del contenuto. Campeggia il volto, di profilo, della giovane protagonista minacciato da una mano guantata che impugna un coltello che ha riflesso, sulla lama, un pubblico esultante. Particolare significativo: la mano stringe l'arma ma contemporaneamente l'indice e l'anulare sono sollevati. Una questione di corna, dalla quale scaturisce un bagno di sangue. Insomma, quasi un rebus che acquista significato dopo la visione del film.
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