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Honeymoon

Regia di Leigh Janiak vedi scheda film

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La recensione su Honeymoon

di mck
7 stelle

Il corpo della sposa.

 

 

HoneyMoon”, l’opera prima di Leigh Janiak, classe 1980, che oltre a dirigerla ne scrive la sceneggiatura con l’altrettanto esordiente Phil Graziadei, è l’ennesima (sciocchina, stupidina, carina, ma che va dritta al punto, e con momenti “dolcemente” cronenberghiani di esfiltrante estirpazione anatomica, anche se il corpo estraneo è muliebre e strutturato come un organismo composito e simbionte) variazione sulla xeno-abduzione...

 


-[la “sostituzione” eterogenea operata in “Invasion of the Body Snatchers” che diventa una presunta/probabile ricerca di incubatrici ginoidi, i bagliori nel buio di “Close Encounters of the Third Kind / E.T. the Extra-Terrestrial”, “Fire in the Sky” e “X-Files”, le dinamiche di coppia con sindrome di Capgras ribaltata alla “Luci Lontane” e una variante anelliforme (“Alien” e “the Thing”) del parassita anguilliforme alla “DreamCatcher”]-

 


...il cui però se non unico, principale e non ignorabile, difetto è quello di avere un personaggio principale (tanto l'attore/interprete che lo inscena quanto il ruolo/carattere che ricopre) troppo inadeguato alla situazione (certo, sicuramente imponderabile, ovvio, mi si perdoni quindi l'iperbole), tanto da...

 


- se pur, proprio per questo, scritto e incarnato in modo da riuscire altresì a portare ad un giusto compimento il per molti versi sorprendente ed inaspettato climax del pre-finale, la cui soluzione parzialmente conclusiva è copia conforme (pratico-meccanica, non morale) allo spegnersi lacustre dei “Funny Games” di Michael Haneke -

 


...far inceppare in svariati passaggi il meccanismo della sospensione dell'incredulità (psicologica e comportamentale, non tecnico-scientifica, suvvia, eh), una condizione, questa, che ha una sua controparte, ad esempio, in un altro horror recente, il di lì a poco da venire, immediatamente successivo “BackCountry” di Adam MacDonald, ma che viene controbilanciata da una buona costruzione e gestione generale delle atmosfere.

 


Per contro, Rose Leslie (“Game of Thrones”, “Utopia” “Downton Abbey”, “Sticky Notes”, “Morgan”, “the Good Fight”), la co-protagonista di un film recitato da due attori e due semi-comparse (il PdV primario rimane quello di Harry Treadaway, anche dopo l'acme di cui sopra, con un campo-controcampo di lui e lei da e verso il fondo, e con l'effettivo termine che vede partecipi le due “spose” quand'ormai loro non sono più tali), presta generosamente - non in quel senso - il proprio corpo all’invasione, all’avvicendamento, alla trasformazione, al rimpiazzo, alla sostituzione, al divenir surrogato, scomparendo.

 


Fotografia di Kyle Klutz. Montaggio di Christopher S. Capp. Musiche di Heather McIntosh (“Compliance”, “Z for Zachariah”).

 


“Noi non ricordiamo cosa dobbiamo dire.”

 

 

* * * ¼     

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