Abel Ferrara tenta di ricostruire i fatti che hanno preceduto il drammatico epilogo della vita di Pasolini, non per arrivare a una verità diversa da quella del processo contro il suo assassino, ma per ricordare, piuttosto, attraverso la rievocazione di quelle ultime ore, chi era l’intellettuale che fu barbaramente massacrato a Ostia nell’orribile notte del 2 novembre 1975. Ne emerge un ritratto incompleto, ma abbastanza interessante, soprattutto per il modo del racconto, sorta di collage di eventi reali, ricordi, progetti per il futuro, quali avrebbero potuto affacciarsi, verosimilmente, alla mente dello scrittore (così Pasolini voleva essere definito), attraverso un ininterrotto flusso di coscienza.
Le immagini della quotidianità, ricostruita con cura (il ritorno dalla Svezia, gli affetti familiari, gli appuntamenti, le interviste, gli amici, il lavoro e le ricerche notturne dei ragazzi di vita) si alfernano a quelle oniriche, che rimandano alla creazione visionaria delle ultime opere, sia quelle già terminate, come Salò o le 120 giornate di Sodoma, sia quelle rimaste incompiute, ma da tempo iniziate, come il romanzo Petrolio, sia, infine, quelle rimaste allo stato di bozza, come il film Porno-Teo Kolossal, che avrebbe dovuto essere interpretato da Eduardo De Filippo.
Di Petrolio, scritto impegnativo e politicamente assai scottante, il regista offre alcune letture, affiancandole alle inquietanti immagini dello sterminato deserto del Senegal e dell’incidente aereo dal quale si era fortunosamente salvato Andrea Fago.
Merita un discorso a sé, invece, il tentativo del regista di realizzare un pezzo del film Porno-Teo Kolossal, rimasto allo stato di bozza: Epifanio, che avrebbe dovuto essere interpretato da Eduardo, è invece un Ninetto Davoli un po’ troppo tondeggiante e misticheggiante; mentre l’angelo che lo accompagna sulla scala che porta al Paradiso (e che avrebbe dovuto essere Ninetto Davoli) è Riccardo Scamarcio.
È pur vero che nel mondo della finzione il curioso scambio potrebbe diventare accettabile, ma le facce dovrebbero essere quelle giuste...
Squarci di attualità, evocazioni del passato, visioni del futuro: va dato atto al regista, di aver incrociato in modo efficace il fluire di questi diversi momenti, ricostruendo con credibilità non solo l’ambiente in cui maturarono le opere di Pasolini, ma anche la figura di lui, almeno dal punto di vista psicologico.
Si avverte invece la mancanza di un approfondimento della complessità del suo pensiero: le posizioni culturali e politiche che emergono dal film sono quelle, notissime, dell’ultima intervista, per altro incompleta, a Furio Colombo, e soprattutto della “lectio facilior” che ne è seguita: certo il regista non è necessariamente né un filosofo, né uno studioso, ma forse potrebbe contribuire, anche solo col guizzo di un’intuizione originale, al dibattito sulla figura di questo nostro grande intellettuale, soprattutto in vista del quarantesimo dalla sua morte ciò che, purtroppo, non è avvenuto.
Sono molto belle invece le fotografie scure di una Roma notturna lontana dal cliché della città turistica, in cui si aggirava il poeta alla ricerca non solo di avventure erotiche, ma della conferma che il mondo dei ragazzi poveri, sottoproletari di borgata, potesse costituire il vero riferimento alternativo al dilagare dell’omologazione consumistica, grazie al suo vitalismo sano e genuino. Da uno di questi giovani, a cui si era avvicinato con molta fiduciosa ingenuità e con umana simpatia (bellissimo, sotto questo aspetto, il racconto della cena in trattoria), sarebbe arrivata, purtroppo, la delusione più amara, quasi a confermare gli oscuri presentimenti dell’ultima intervista.
Ottima l’interpretazione di Willem Dafoe, somigliantissimo e perfettamente calato nel personaggio; buona quella di Maria de Medeiros, nei panni di Laura Betti; come quella degli altri attori, con una Adriana Asti dallo sguardo un po’ troppo attonito, nei panni della madre.
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Parlare della vita e delle opere di Pasolini non è stato mai facile per nessuno, penso che Abel Ferrara sia stato perdonato per i mancati approfondimenti ai quali ti riferisci. Al contrario, tu riesci a "raccontare" il "racconto" di Ferrara con il garbo che ti contraddistingue. Grazie Lilli, concordo sulla bravura di Willem Dafoe, perfettamente a suo agio nei panni di Pasolini. Un caro saluto.
Mi auguro che sia stato perdonato, tuttavia non lo credo, a leggere, almeno, la severità che è seguita a una recensione su questo sito e che mi è sembrata così ingiusta da indurmi a postare quanto ne avevo scritto a suo tempo, almeno per bilanciare un po'. Grazie, Antonio, e un caro saluto anche a te.
L'ho visto qando uscì,mi è piaciuto e mi ha messo tanta tristezza.Sconcertante l'interpretazione di Wiiliam Dafoe che si cala alla perfezione in tutti i ruoli, eppure non ottiene adeguati riconoscimenti. Ciao Lilli
Grazie Anna Maria. Non posso che essere d'accordo con te: è un film triste perché ti stringe il cuore, conoscendo l'epilogo tragico di quella serata, vedere ancora una volta l' ingenuità fiduciosa del poeta, avviato al macello. Concordo anche sul grandissimo Dafoe. Buona serata, cara!
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