Regia di Laurent Cantet vedi scheda film
Cantet torna alla regia per dirigere la fine e il momento risolutivo del lunghissimo viaggio (di vita) di cinque persone (quattro uomini e una donna) che si reincontrano a L'Avana sul tetto della casa di uno di loro per rivivere attraverso il ricordo e il confronto i momenti più emozionanti della loro amicizia. Riflettendo infatti su ciò che li legava in gioventù, e su come si sono effettivamente trasformati nel corso degli anni, tutti e cinque scoprono che gran parte delle loro relazioni affettive reciproche non possono essere date per scontate. Se Amedeo dichiara di non voler tornare in Spagna, nonostante abbia appena scontato 16 anni di esilio, Eddy si esprime in tutta la sua arroganza, e gli altri cercano di affrontare il lutto della moglie di Amedeo, di molti anni prima. Tutti insomma hanno un buon motivo per scontarsi e per mettersi davanti una nuova verità, e la voglia di ricordare non concede di gettare alle spalle ciò che invece ricordare non si vuole. E questo graduale aumento del grigio, nella storia passata dei protagonisti, finisce per coincidere con il calare della notte e infine con il sorgere dell'alba, che coinciderà con la scoperta di una nuova verità sconcertante.
Rétour à Ithaque delude per molti aspetti. Cantet infatti ci aveva abituato (con Risorse umane, con La classe, addirittura con il deludente Verso il Sud) a tratteggiare personaggi realmente strabilianti e indimenticabili, portatori di dolori e insofferenze sottopelle pronte ad esplodere in logorree o ribellioni. Qui invece, in un film che pure si regge proprio sulla profondità dei caratteri, tutto passa sottotono, senza guizzi né reali emozioni, e non si riesce davvero a divenire partecipi dei drammi dei personaggi, soprattutto perché la stessa storia passata non riesce ad essere delineata con sufficiente precisione, facendo calare la concentrazione dello spettatore.
Allo stesso tempo però, in termini più prettamente estetici, a fronte di una certa insignificanza di contenuti, Cantet riesce a trasformare un terrazzo in un vero e proprio ring in cui i personaggi si muovono, si parlano, ballano, reagiscono, bevono e si disperano, in un luogo in cui tutte quelle cose che sembravano certezze finiscono per crollare (a fronte della risoluzione finale, che sbriglia una serie di contraddizioni narrative). Inoltre, è proprio grazie alle capacità di Cantet che nonostante l'adozione di unità di tempo, luogo e azione (con una riduzione al minimo delle ellissi narrative) il film non sembri affatto teatrale: il montaggio è abbastanza attento a gestire le inquadrature particolari degli sguardi, quelle mosse che vanno alla ricerca dei volti e quelle altrettanto mosse che però cercano i movimenti (la sequenza iniziale è la migliore di tutto il film).
Nonostante però simile brillantezza formale, Rétour à Ithaque risulta vuoto, privo di pathos e distante. Anche perché forse troppo adeso (anche maluccio) alle storie particolari di cinque personaggi che non riescono mai a diventare universali.
Presentato nella sezione Giornate degli Autori al 71° Festival del Cinema di Venezia.
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