Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Una regista e suo fratello ingegnere assistono la madre, ex insegnante di lettere, nella fase terminale della sua malattia; intanto la prima sta faticosamente girando un film su una fabbrica occupata, fra le bizze di un divo americano marpione e cacciaballe, e deve gestire anche i problemi di crescita della figlia adolescente. Moretti elabora in pubblico il proprio (autentico) lutto sdoppiandosi fra una donna narcisista, egocentrica, intransigente e un uomo affidabile, tranquillo, perfettino e realizzando un’opera complementare a La stanza del figlio: lì c’era una morte improvvisa e prematura, qui l’attesa di un evento ineluttabile ma che non coglie mai abbastanza preparati. La Buy ha un bel personaggio, sempre sul punto di andare a pezzi: si sente (giustamente) inadeguata alle circostanze in cui si trova, è tormentata da incubi che rivelano le sue paure e fa un lavoro in cui crede sempre meno. Il suo film nel film è un autentico reperto archeologico del ’68, e Turturro è bravissimo a recitare da cani. Tragedia e farsa si compenetrano, come del resto succede nella vita vera: con il tempo Moretti sembra aver placato certi furori, almeno in superficie, ma lascia sempre trapelare una passione inespressa. Un po’ brusco il finale, che coincide con la morte della madre e si apre a una sua celebrazione postuma: meglio la rabbia della scena uguale e contraria in La messa è finita.
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