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Mia madre

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Mia madre

di giorgiobarbarotta
8 stelle

Duplice dimensione per il nuovo film del regista romano originario di Brunico: da un lato il privato, la vita famigliare, il personale, dall'altro il lavoro, il meta-cinema. Mia Madre risulta apparentemente semplice, quasi dimesso, in realtà è complesso, stratificato. Ottimamente diretto, affronta la tragica banalità del quotidiano in modo profondo, confidenziale, intelligente, toccante, umano. In contemporanea è tagliente, critico, sarcastico, per nulla scontato. Una prova di grande maturità ed equilibrio per uno dei nostri autori migliori. "Il regista è uno stronzo a cui voi permettete di fare di tutto!" sbotta Margherita Buy, alter ego dello stesso Moretti, in una confessione autoanalitica urlata in faccia agli spettatori. Gioca con se stesso e col pubblico, spezza la tensione di un discorso, quello della malattia e della morte, del distacco e della perdita, con efficacia, padronanza di linguaggio, mestiere e senso della misura. Direi persino con una certa astuzia. L'umiltà non è mai stata di casa nel cinema di Moretti, mancanza che è sempre stata sinonimo di personalità ma, col tempo, il regista ha acquisito grande capacità di gestire i vari temi portati sullo schermo, anche i più delicati, smussandone la ruvidezza e un piglio talvolta snob. L'uso di certa autoironia è fondamentale e la spietata critica nei confronti del nostro presente, di noi stessi, di certi aspetti del sociale e persino, palesemente in questo caso, del proprio mondo professionale ne traggono beneficio. Intimo, solido, riuscito. Traspare spesso un certo gusto nel soffermarsi sulle nevrosi, sull'assurdo delle problematiche in cui ci si trova coinvolti nelle attività del giorno per giorno. Le difficoltà della vita, il senso d'inadeguatezza, la disperazione dietro l'angolo, la sconfitta della dimensione affettiva sui suoi vari fronti, la paura della solitudine, le responsabilità dei diversi ruoli ricoperti da ognuno di noi. La dolcezza e il fascino del latino, lingua antica, radice semantica e materia d'insegnamento preziosa e nobile, accostata all'asprezza di un maccheronico italiano storpiato da un maldestro attore americano, pregno di finzione, spigolosità, insicurezza. Il presente, il passato, la memoria, il lascito alle nuove generazioni. "L'attore deve stare accanto al personaggio" resta uno dei cardini suggeriti all'interprete per la resa del personaggio. Ma il senso ultimo di questa raccomandazione resta un dilemma, un dubbio legato al destino del nostro cinema, mentre un ex compagno ti rovescia addosso critiche feroci e colpisce nel segno e una madre saluta i figli in letto di morte pensando sorprendentemente al domani che verrà...

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