Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Margherita (Buy) fa la regista ed è sul set con un film che parla di lotte e contrasti aziendali, in tempi di crisi, tra dipendenti ed il nuovo imprenditore, impersonato dall'attore americano Barry Huggins (John Turturro), che ha un 'piccolo' problema professionale, non ricorda mai i dialoghi; in aggiunta ai suoi problemi professionali, per Margherita, ce n'è uno ben più grave, in quanto l'amata madre Ada (Giulia Lazzarini) è al capolinea della sua esistenza in ospedale, vegliata a turno da lei e dal fratello, l'ingegnere Vittorio (Nanni Moretti), anch'egli con problemi sul lavoro.
Nanni Moretti, giunto al suo dodicesimo film in veste di regista, torna con 'Mia madre' a sviscerare tematiche già affrontate nella sua non corposa, ma notevole per qualità - specie nella parte che va da 'Ecce bombo' a 'Caro diario' - filmografia, vale a dire, la morte di un genitore e la (parziale) elaborazione del lutto ('La messa è finita' è del 1985) e il discorso metacinematografico, del film nel film, tema praticamente toccato, in forme e con esiti e soluzioni linguistiche diverse, in ogni sua opera.
'Mia madre' è un film che nasce dal bisogno di portare sullo schermo pagine di vita vissuta (la vicenda familiare luttuosa è accaduta durante la lavorazione del precedente 'Habemus Papam'), cercando di meditare su un evento così traumatico come la perdita di un genitore, sposandolo alle esigenze filmiche, creando pagine di cinema intimista e tentando di evitare le trappole del film ricattatorio: ma tali 'timori' hanno prodotto, a mio avviso, un effetto contrario, con un modo di fare cinema rigoroso, senza cadute nel lacrimevole, con lunghe scene, poco ricorso al montaggio e ricercate ed eleganti parentesi oniriche che paiono arrivare da un film di Bunuel, ma al contempo alla riduzione al grado zero a livello di emozioni e di empatia verso qualsivoglia personaggio, pur sapendo che tale vicenda è ispirata a un fatto reale.
Se la parte intimista 'soffre' degli anzidetti problemi, quella del film nel film, che rimanda a opere come 'Sogni d'oro', 'Palombella rossa' o 'Aprile', pur avendo qualche momento di ilarità, che coincide con tutte le scene con un simpatico John Turturro, dall'improbabile e stentata dizione in italiano, non graffia come il Moretti dei tempi d'oro (mi) aveva abituato, ricco di commenti sarcastici sulla società che lo circondava, di tormentoni e di scene e dialoghi 'madri', magari anche fin troppo moralista, ma almeno dotato di grande vitalità.
Qui, il Moretti autore e fustigatore dei costumi, come il personaggio che interpreta, si mette da parte e si defila, lasciando ad altri la scena.
Un'opera di 'bella scrittura', che a Cannes è stata ben accolta da un'ovazione di dieci minuti - e la cosa comunque mi rende contento in qualità di fan di Nanni - ed è anche ben recitata da tutti, ma che ad una prima visione fatico a mettere tra i suoi lavori più importanti, proprio perché 'avida' delle (tante e forti) emozioni che il cinema di Moretti mi ha regalato nel corso dei decenni.
Voto: 6.
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