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Mia madre

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Mia madre

di mc 5
10 stelle

Non so se ce la faccio. Troppo "disagevole" parlare (e peggio ancora "resocontare" implicando un giudizio) di un film sommamente INTIMO, PERSONALE e DOLOROSO. Ecco, mi sono giocato ogni possibile opzione per definire in qualche modo questa pellicola. E allora toccherà ripeterli questi tre termini che sono i soli in assoluto che possono racchiudere il senso di questo film che ho molto amato e che mi resterà a lungo nel cuore. Probabilmente non il miglior Nanni Moretti ma sicuramente uno dei più convincenti. Ma resta il problema che di un film come questo si può discutere per ore con amici ma stenderne una recensione ufficiale fa un pò tremare come idea e non invidio chi ha dovuto farlo in ambito professionale. Il carico di intimo personale dolore è insostenibile, davvero Moretti credo abbia sofferto parecchio nel metterlo in scena, nello scriverne (assieme al noto scrittore Francesco Piccolo) il copione, nell'istruire gli attori. Psicodramma? Anche, sì, forse. Il film è al secondo posto del nostro box office, ma qualcosa mi dice che non ci rimarrà parecchio. Questi sono tempi diffcili per chi vuol riflettere sulle cose della vita, produttori ed esercenti vogliono che noi pubblico ridiamo ridiamo ridiamo...o che ci facciamo "stupire da effetti speciali". E d'altra parte se la massa bovina insegue solo quel cane di Vin Diesel o le mega giostre dei Super Eroi, non è che puoi fare lo snob col ditino alzato. Una cosa è certa: questo cinema non è per tutti. Un ragazzino (un giovane diciamo) rifugge da questo tedio pestilenziale, ovvio. In noi allberga solo la speranza che una volta superati i vent'anni qualcuno maturi qualche grammo di consapevolezza, il guaio sarebbe se -dopo la fase giovanile da coglioni (detto in senso affettuosoi ci mancherebbe)- uno rimanesse coglione per tutta la vita. No, questo è un film proponibile solo a persone che abbiano maturato quella consapevolezza necessaria per capire quali siano i sentimenti che contano davvero nelle nostre vite. Qualcuno che che insomma abbia fatto i conti con qualche prova dolorosa o difficile. E di solito càpita a una "certa" età, ma c'è anche qualche caso di giovane che matura più in fretta di altri. Moretti -come ormai tutti sanno- ha voluto mettere in scena il suo dramma personale legato alla scomparsa della madre e -con grande intelligenza- ha scelto di farlo per interposta persona. E qui (cioè sul personaggio bellissimo di Margherita Buy) ci sarebbero paginate intere di cose da dire. La più importante è che Moretti nell'indagare su se' stesso non ha ritrosie, sonda il suo carattere e i suoi difetti SENZA PIETA'. e senza assolutamente auto assolversi, anzi. Le sue PAURE, le sue ANSIE, i suoi NERVOSISMI vengono infatti più che evidenziati nel temperamento sempre inquieto e preoccupato di Margherita. E io credo che nel personaggio del fratello Giovanni, lui definisca i contorni di ciò che vorrebbe essere e non ci riesce: calmo, saggio, ragionevole e dotato di buon senso, tranquillizzante e protettivo. Due sono i versanti (almeno quelli primari, poi ve ne sono altri) su cui si muove il film. Quello dell'assistenza alla madre anziana ormai malata terminale e poi il set del film che Margherita sta portando avanti come regista. E questa andatura parallela è gestita sul piano narrativo e di montaggio da Moretti con mano felicissima. Su questi due capitoli che ho appena accennato si potrebbe scrivere e commentare per ore ma preferisco essere sintetico sia per non farmi prendere la mano e anche per non rovinare la visione a chi sceglierà di andare al cinema. Diciamo che la parte che focalizza le vicende umane della protagonista -rispetto alla madre morente soprattutto- è condotta in modo assai delicato e poetico, dove l'affetto e l'amore verso la genitrice si esaltano attraverso il bagno nel dolore atroce di una figlia devota e consapevole della propria imperfezione. Quanto al set, è stato un piacere per uno come me che non sa (al di là dei luoghi comuni) come funziona davvero una troupe, scoprire tutti quei dettagli, anche tecnici, su come si muovono le cose in quell'ambito. E Moretti lo fa talmente bene che ho avuto l'impressione di esserci stato fisicamente su quel set, al punto che all'uscita avrei voluto abbracciarne uno ad uno tutti i componenti, dall'assistente di regia, ai fonici, alla costumista (quella che sembra la sosia di Wanna Marchi e che si lancia in un' irresistibile danza con John Turturro). E' un piacere ineguagliabile osservare i comportamenti di Margherita sul set, verificarne le continue paturnie che la rendono sempre insoddisfatta, irrisolta, incompiuta. Ma del cast nel dettaglio parlerò tra poco, perchè qui troviamo prove attoriali tutte magnifiche, anche e soprattutto quelle che si muovono in ruoli secondari. Ecco, questa è una cosa che va segnalata, vale a dire l'intelligenza profusa da Moretti nello scegliere i cosiddetti caratteristi, tra cui troviamo attori clamorosamente bravi. Sono rimasti solo lui e Pupi Avati (sul cui ultimo cinema esprimo il pollice verso ma qui ora si sta parlando d'altro) a scegliere con cura estrema i ruoli di contorno, pescando ogni volta tra i caratteristi più bravi. Il ruolo della madre è costruito con amore e infinita pietà. E ha finito con lo smuovere in me ricordi lontani ma radicati, quelli collegati alla figura della mia povera nonna (Amalia) che (fatte salve le differenze culturali: mia nonna era un'umile contadina e non certo un'insegnante di latino) era assai simile alla nonna del film, quando la sua memoria perdeva colpi e ne emergeva (ai miei occhi di ragazzino sconcertato e inadeguato di fronte al suo inarrestabile decadimento psicofisico) una sua figura per me inedita, una specie di angelo fragilissimo, debole e così diversa dalla donna forte che mi aveva cresciuto. E qui, di fronte a quella immagine di donna che fu tanto amata in vita da tutti e che ora si avvia serena verso "qualcos'altro", confesso che mi sono abbandonato alla commozione. Così come ho riso di gran gusto di fronte alle piazzate inrresistibili di un Turturro estroso e creativo come forse non s'era mai visto. E allora entriamo in questo cast. Moretti si ritaglia un ruolo fondamentale ma tutto sommato assai trattenuto. E comunque ne è interprete ideale. Quanto alla Buy diciamo subito che fa di tutto per farci dimenticare (e ci riesce alla grande) i ruoli da moglie nevrotica e magari anche cornificata e frustrata, mettendo in scena una gamma infinita di sfumature come solo un'attrice magistrale può permettersi. Davvero da applausi. E da premi. Il suo personaggio è interpretato con una sensibilità che ha del clamoroso, sicuramente la sua prova migliore e per lei un'occasione di carriera direi difficilmente ripetibile a questi livelli. Capitolo a parte per l'immensa Giulia Lazzarini. Quelli anziani come me la ricorderanno come protagonista di tantissimi sceneggiati dei tempi della tv in bianco e nero. Lei a quei tempi era una istituzione, popolarissima, Ma -collateralmente- lottò per crescere come artista, arrivando ad essere un'icona del Teatro di Sthreler, dunque un teatro ALTO e molto impegnativo. Oggi ci mostra i suoi splendidi 81 anni con fiero talento. Poi un Turturro incontenibile. Un meraviglioso attore veramente innamorato di ogni risvolto del suo mestiere, uno che sa lavorare come pochi altri su se' stesso e sul suo "corpo d'attore". Qui poi è godibile vedere come mette a fuoco i capricci di una star americana in probabile declino (quando i divi americani scendono qui da noi non è un buon segno, significa che s'intravede il loro tramonto). Non c'entra nulla con Moretti ma mi piace segnalare un film diretto dallo stesso Turturro ("Passione" del 2010 ) per dire come curiosamente a un cineasta-attore americano affermato possa venire in mente di realizzare un progetto documentaristico sulla musica di Napoli: ecco, solo un genio può allestire qualcosa del genere. E Turturro lo è.
Chiedo scusa per la prolissità, ma su questo film le cose da dire sarebbero ancora tante. Evviva il cinema italiano senza comici. Imperdibile.

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