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Mia madre

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Mia madre

di michemar
7 stelle

Nanni Moretti è cresciuto, Nanni Moretti è cambiato, Nanni Moretti è diventato grande, lo era anche prima ma adesso è passato il tempo giusto per dare maggior significato al termine e questo film lo dimostra. Mai retorico, mai in cerca della lacrima o della complicità del pubblico. È un inno senza musica al dolore silenzioso che emana il lutto.

L'ultimo film di Nanni Moretti rivela la sua notevole maturazione di autore. Non è più in prima linea come una volta, con la sua simpatica e irresistibile esuberanza, sempre a sentenziare sugli altri, ma è riflessivo e introspettivo. L'elaborazione di un lutto, soprattutto quello devastante di una madre, è un argomento non facile e si può anche sbagliare il film, invece con calma e tenerezza l'autore si apre e si confida, mettendosi però in disparte, esponendo altri attori. Non per nascondersi ma quasi per osservare e osservarsi. In una fase della vita che tanti di noi conoscono e ricordano o che hanno timore di affrontare un giorno. Per Moretti è anche l’occasione (non lo nasconde) per rompere col suo passato di regista, cambiare registro e obiettivo delle sue opere, che fino a qualche tempo fa erano soprattutto di natura politico-sociale, esponendo chiaramente le sue idee, a volte facilmente riassumibili in poche frasi ormai scolpite nella memoria degli appassionati di cinema. Due su tutte: l’appassionata esortazione a Massimo D’Alema a dire qualcosa anche non essenzialmente di sinistra e quella maledizione urlata ad un barista e a un suo cliente per cui in Italia ci meritiamo Alberto Sordi. Due tormentoni che lo hanno accompagnato per anni ma che ora si stanno affievolendo nel passato di un regista che, maturando, si è placato e guarda la vita con il suo eterno ed esibito pessimismo.

 

Giulia Lazzarini, Margherita Buy

Mia madre (2015): Giulia Lazzarini, Margherita Buy

Non rinunciando però alle sue abitudini, basa la storia degli ultimi giorni di vita della madre su un paio di affermazioni che fa dire non solo a se stesso ma soprattutto alla protagonista Margherita, suo alter ego, riservando a sé il ruolo multiplo di fratello, di sostegno morale alla sorella nei momenti più difficili sia della malattia sia del set in cui sta lavorando e anche di coscienza critica quando i due si incontrano per fare il punto della situazione. Si accavallano quindi le sequenze del lavoro professionale di Margherita e quelle dell’assistenza alla madre, con continui ricordi che vengono alla mente tramite nostalgici flashback dei tempi felici. La prima affermazione importante Moretti la fa dire a Margherita ed è importante perché rappresenta il suo attuale momento esistenziale, in cui traspare chiaramente che le certezze che aveva una volta oggi sono sparite: è finito il tempo in cui sputava sentenze politiche e cercava di dare risposte certe, è sopraggiunto il dubbio. “Ma perché continuo a ripetere le stesse cosa da anni? Tutti pensano che io sia capace di capire quello che succede, di interpretare la realtà, ma io non capisco più niente.” Questa frase lui la completa (aggiungendo un altro concetto importante) quando appunto affianca la sorella mentre sfilano a fianco della lunga coda davanti al mitico cinema Capranichetta (dove veramente si crearono lunghe file per la proiezione de Il cielo sopra Berlino di Wenders): “Margherita, fai qualcosa di nuovo, di diverso, rompi almeno un tuo schema.” La svolta dell’autore è lampante. Sparisce il vecchio Nanni Moretti, sparisce sepolto definitivamente il vecchio personaggio di Michele Apicella, andiamo verso un cinema più maturo e di più larga veduta, anche se partendo questa volta da un soggetto tanto personale.

 

Nanni Moretti, Margherita Buy

Mia madre (2015): Nanni Moretti, Margherita Buy

Che Moretti si defili e passi in secondo piano lo dimostra il fatto che è già il secondo film che si ritaglia un ruolo non di primo piano, dopo Habemus Papam, e lo rende chiaro utilizzando l’altra affermazione che caratterizza questo film e, per non perdere la sua abitudine, la fa ripetere più volte, come uno dei suoi mitici tormentoni, ancora a Margherita e cioè quella sollecitazione che la regista ripete ossessivamente ai suoi attori di stare “a fianco” del personaggio, di accompagnarlo, di osservarlo. Lo ripete continuamente fino a quando si rende conto che forse non sa neanche lei stessa cosa voglia significare. E in realtà cosa vuol dire? Come è possibile staccarsi e non rimanere dentro al ruolo affidato? Questo è un particolare molto importante e fortemente indicativo e proprio Nanni Moretti lo dimostra ritagliandosi appunto un ruolo di fratello e di coscienza critica, che accompagna confortando la sorella, incitandola a tenere duro, ad essere meno ansiosa durante la malattia della mamma. Moretti solo apparentemente parla a Margherita: invece parla a se stesso, riflette a voce alta, si sdoppia per trovare in sé la forza per superare il dolore di una perdita incolmabile. È quasi una terapia di autoanalisi. Per rasserenarsi ed elaborare il lutto, il suo Giovanni parla tanto con Margherita e si siede spesso con lei su una panchina, in un bar, nell’ospedale, a casa, e dopo che lei gli espone con preoccupazione l’evoluzione della degenza ospedaliera della mamma, lui ogni volta le sorride con affetto e fa il suo tipico sbuffo d’aria col naso: “Va bene, dai, adesso vediamo…”

 

Nanni Moretti, Margherita Buy

Mia madre (2015): Nanni Moretti, Margherita Buy

Nanni Moretti è cresciuto, Nanni Moretti è cambiato, Nanni Moretti è diventato grande, lo era anche prima ma adesso è passato il tempo giusto per dare maggior significato al termine e questo film lo dimostra. Mai retorico, mai in cerca della lacrima o della complicità del pubblico. È un inno senza musica al dolore subdolo e silenzioso che emana dalla perdita di un punto fermo della vita di ognuno di noi: Moretti è stato capace di girare un film commovente senza commuovere, semplicemente facendo provare le sensazioni di quei momenti anche a chi non le ha vissute ed è facile rendersi conto che è più facile essere retorici nel parlare di questo film di quanto possa essere retorico il film stesso. Ecco dove consiste veramente la bravura del regista romano. Perché è un film lieve e triste nello stesso tempo, un intimo diario che ha il profumo del dramma e musicato da alti momenti di lirismo.

 

John Turturro

Mia madre (2015): John Turturro

Notevole la partecipata interpretazione di Margherita Buy che dà sicuramente una delle sue migliori (o forse la migliore) delle sue prove, più timida e nevrotica del solito e senza trucco, più esposta perciò all’espressione della fatica di quei giorni, dell’incertezza del futuro senza un punto saldo di riferimento come la mamma, dell’ansia di portare a termine un film che non fila come vorrebbe. Ha fatto molto piacere rivedere dopo tanti anni di teatro e assenza Giulia Lazzarini, eccellente attrice che aveva avuta tanta popolarità con gli antichi e dimenticati “teleromanzi” della meravigliosa Rai che fu, mentre la sorpresa (ovviamente fino ad un certo punto) è l’effervescente John Turturro, nei panni di un attore hollywoodiano la cui esuberanza prima spiazza il set e poi lo diverte, lasciando però sempre perplesse le maestranze. Il tocco di piccola follia dell’attore italo-americano è molto efficace per rompere il ritmo della drammaticità e per non far mancare quel minimo di ironia che ha sempre pervaso i film di Nanni Moretti. Il quale, anche se in questa occasione si pone in secondo piano, non perde l’occasione di demolire una certezza di ogni set, quella della figura del regista, perché secondo lui “il regista è uno stronzo… e non ha sempre ragione!”

 

Invece il regista Nanni Moretti ha avuto ragione, ha ragione ad averci donato questo film.

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