Regia di Burhan Qurbani vedi scheda film
Quella del 24 agosto 1992, a Rostock, passò alla storia come "La notte del fuoco": un gruppo di giovani neo-nazisti, con il sostegno di migliaia di cittadini presenti ed incitanti, assediò e diede alle fiamme un edificio nel quale risiedeva una piccola comunità di richiedenti asilo vietnamiti.
We Are Young. We Are Strong. ripercorre le ventiquattro ore che portarono a quell'esplosione di violenza affrontando la faccenda da tre prospettive: quella dello stato, quella degli aggressori e quella degli aggrediti, rappresentati rispettivamente da Martin, Stefan e Lien. I primi due sono padre e figlio: Martin è un funzionario governativo che, non senza turbamenti, è diventato particolarmente abile nella pratica dello scaricabarile, sempre attento, in ogni circostanza, a cercare il cavillo giusto per delegare ad enti diversi dal proprio la responsabilità di ogni gatta che arriva da pelare; Stefan è un giovane perdigiorno, e più per noia che altro gira con Sandro, Robert ed altri amici (tutti disoccupati come lui) i cui unici interessi sono la caccia agli "zingari" e gli scontri con la polizia. Lien, invece, è una ragazza vietnamita, e col sudore della propria fronte si è guadagnata un contratto di lavoro ed il permesso di soggiorno, ma il palazzo in cui abita assieme ai suoi conterranei è adiacente a quello nel quale sinti e rom sono rifugiati: e una volta cacciati quelli, alla banda di Stefan basta veramente poco per fare dei "musi gialli" il nuovo nemico da combattere.
Già candidato all'Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 2010 con l'ottimo Shahada, dal quale peraltro mutua la struttura basata su tre storie che convergono, Burhan Qurbani porta a Roma, in concorso, un film solido e duro, nel quale narra fatti che, seppur avvenuti quando era ancora un bambino (è un classe '80), devono riguardarlo molto da vicino, essendo egli stesso figlio di profughi (afghani) rifugiatisi in Germania ancor prima del crollo del muro. Correva il 1989 quando la DDR fu annessa all'occidente, e il passaggio non fu indolore, ma negli anni immediatamente successivi a farla da padrone fu lo spaesamento, la povertà, la frustrazione. Sintomatica, al riguardo, è la frase che una delle ragazze del gruppo, intervistata da una giornalista, pronuncia poco prima che "La notte del fuoco" deflagri in tutto il suo fragore: «Ora abbiamo la libertà, ma anche la solitudine».
Girato con taglio quasi documentaristico, con ampio utilizzo di camera a mano (la fotografia, che curiosamente è in bianco e nero per la prima ora abbondante per poi colorarsi con l'arrivo del fuoco, è dello stesso Yoshi Heimrath che già si occupò di Shahada) e musica ben presente ma tanto minimalista da risultare quasi narcotica (di Matthias Sayer e Tim Ströble), We Are Young. We Are Strong. non accampa ipotesi ma si limita ad enunciare fatti, fornendo un'immagine cruda e il più possibile fredda dell'atmosfera di lassismo e sottovalutazione entro cui la nuova xenofobia fu lasciata libera di radicarsi e riprodursi, tirando la volata ad un'onda che ancora oggi è più lunga che mai.
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