Regia di Lech Majewski vedi scheda film
Dopo le calli di Venezia percorse in quell’home movie fiction che era The Garden of Earthly Delights, dopo quell’inedita evoluzione spettacolare dei critofilm di Ragghianti e dei documentari d’arte di Emmer che era I colori della passione, Majewski continua a guardare all’Italia. E dopo Il giardino delle delizie di Bosch e Salita al Calvario di Bruegel, cerca un dialogo con La Divina Commedia. Adam, studioso di poesia simbolista, è il superstite di un incidente in cui sono deceduti l’amata e un amico. Per questo sceglie di rinchiudersi in sé, di dimenticarsi, di lavorare in un supermercato. S’addormenta di continuo, confonde sonno e veglia. E, mentre in cuffia ascolta Dante recitato, lotta per rivedere la propria defunta Beatrice. Sogna.
Onirica è un altro film contro la morte, un altro mélo disperato, necessariamente formalista: la tensione che lo muove, e che lo tiene, è quella che si crea tra la caducità dell’uomo e l’eternità dell’arte, tra le domande di uno e le risposte dell’altra, tra la singolarità del presente e gli esempi del passato. Tra le immagini di un tg e quelle di un cinema pittorico, le icone di un supermercato e quelle di una cattedrale. Tra il tragico nonsenso della cronaca (l’alluvione in Polonia del 2010) e i significati universali della poesia, l’involuzione dei simboli e la dimensione sociale. Dialoghi lirici che riecheggiano Guerra e Antonioni, omaggi a Fellini, un cammino audiovisivo di superba maestria compositiva: tableux vivants alla ricerca arrancante di un senso.
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