Regia di Gerard Johnstone vedi scheda film
Un mescolone dei generi, tra thriller, dramma, horror, commedia e grottesco in grado di annichilire ogni più paziente aspettativa. Si salva la prima mezz'ora, girata nel rispetto della classica ghost story, poi tradita per una lunghissima seconda parte indecisa sul percorso da seguire. Commedia degli equivoci, lunghissima e incerta.
Housebound (2014): Rima Te Wiata, Morgana O'Reilly
Bulford, Twin Coast (Nuova Zelanda). L'inquieta adolescente Kyle (Morgana O'Reilly) si trova nuovamente davanti ai rappresentanti della legge: per un fallito tentativo di furto (con dinamite!) ad uno sportello automatizzato. Questa volta, anziché il carcere, alla ragazza vengono imposti otto mesi di domiciliari (con bracciale rilevatore), da passare nella casa -dalla quale era fuggita- assieme alla madre Miriam. Appena rimesso piede nella casa, le cose non vanno nel migliore dei modi, infatti Miriam è convinta che presenze spettrali siano responsabili di rumori notturni, sbalzi di elettricità e scomparsa di generi alimentari. Il vigilante Amos, giunto in piena notte dopo l'allerta sui movimenti di Kylie, si dimostra possibilista sull'ipotesi paranormale: dopotutto in quella casa, in passato centro di recupero (chiuso nel Febbraio del 1996) per persone problematiche, sono avvenuti delitti sanguinari. Una bambina di quattordici anni, Elizabeth, venne massacrata in cantina, luogo da tempo centro di costanti rumori.
Housebound (2014): Morgana O'Reilly
Per fare una sintesi migliore di un film così incasinato occorrerebbe molto più spazio e tempo ma, data l'entità del prodotto, non ne vale affatto la pena. Siamo dalle parti della Nuova Zelanda e Housebound è l'ennesimo debutto dietro la macchina da presa. In questo caso il novello regista in arrivo dal cortometraggio (e al quale ritorna, come ovvia conseguenza) si chiama Gerard Johnstone ed ha a disposizione un buon budget, un valido cast (bravissima e sprecata Morgana O'Reilly) e tutta la libertà creativa (suoi soggetto e sceneggiatura). Per prima cosa sembra volere realizzare un horror e la prima mezz'ora -in questa direzione- funziona benissimo. Si avverte un sottofondo sarcastico, non invadente e complementare allo svolgersi degli eventi. Poi il cambio di registro (e di qualità): non siamo in una dimora infestata, almeno non da spettri; tra le mura dell'edificio ci sono passaggi, scorciatoie che utilizza un non meglio definito cristiano, tutto pelle e ossa, esperto di macchinari ed elettricità (esilarante il look da genialoide con occhi strabuzzati, sorriso ebete e capelli scompigliati alla Einstein) ma totalmente asociale, al punto che vive da solitario parassita in un buco recondito nelle fondamenta.
Housebound (2014): Morgana O'Reilly
Il tema horror prende il benservito e quella vaga impostazione sarcastica adesso cede il posto alla -orrore!- commedia. E così si va avanti con continui sbalzi tra ingenuità di messa in scena e risvolti demenziali da filone grottesco, soprattutto con l'ennesimo twist che riguarda l'avvocato psicologo, scopertosi essere il sanguinario assassino per via della dentiera. Oltre al catastrofico e risibile modo di aggredire, l'ingloriosa multipla fine del villain strappa di sicuro un'altra risata (e in precedenza, ad onor de vero, occasioni per ridere ce ne stanno a decine) e dopo 110 minuti, tirando le somme, si ha come la sensazione di essere stati turlupinati dal regista giocherellone. Un marasma di questo genere ci può anche stare ma dichiarando sin da subito (con una diversa locandina e un titolo magari più sui generis) che non siamo nell'horror, men che meno nel thriller. Anzi, non siamo proprio in nessun genere, se non quello della commistione. E se non ci si chiama Lucio Fulci, Aristide Massaccesi o Quentin -copia ma bene- Tarantino, tentare di fare "terrorismo dei generi" può essere un'idea infelice. E il risultato può dare esito a roba come Housebound, dove il mix finisce per essere qualcosa di davvero indigeribile.
Housebound (2014): locandina
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