Regia di Shawn Christensen vedi scheda film
Reduce dal successo inatteso (se non altro per le proporzioni) di Curfew, premiato nel 2012 in svariati festival e consacrato nel 2013 con l'Oscar al miglior corto in live action, Shawn Christensen ha deciso di battere il ferro finché caldo e ripresentarsi, l'anno successivo, con un lungometraggio che ne è la versione diluita ed estesa. Before I Disappear, questo il titolo, ripropone la medesima coppia di attori protagonisti (lo stesso Christensen e la giovanissima Fatima Ptacek) e narra sostanzialmente la medesima storia, ovvero quella di un circa trentenne che, mentre sta tentando di suicidarsi in vasca, riceve la telefonata della sorella che da anni lo aveva ripudiato, la quale afferma di essere nei casini e di aver bisogno che lui badi per qualche ora a sua figlia, una ragazzina di undici anni con la puzza sotto al naso, dando il via ad una notte di veglia durante la quale lei perderà un po' della sua spocchia e lui recupererà qualche briciola di voglia di vivere.
Il problema (che nel caso in questione si rivela dannatamente serio) è che i punti di contatto tra i due film sono ben lungi dall'esaurirsi con queste note: mostrandosi carente in quanto a coraggio, fantasia e lungimiranza, Christensen saccheggia letteralmente il proprio fortunato cortometraggio e gira in copia carbone tutte le scene migliori, ma le distribuisce su un'intelaiatura blanda e farraginosa che tende sistematicamente a neutralizzarle. Per giustificare l'ora e passa in più che Before I Disappear conta, prova ad imbastire attorno al protagonista e alla sua nottata infinita un intreccio a cui non sa però che direzione dare, tra intermezzi surreali messi lì un po' a caso, vaghe atmosfere da noir all'acqua di rose, e una recitazione - la sua - inespressivamente sopra le righe. Va da sé che, se già la breve durata del cortometraggio non era riuscita ad evitare l'insorgere di qualche dubbio su una certa convenzionalità di fondo, la timidezza e la vacuità della sceneggiatura di questo lungo reboot la fanno emergere con imbarazzante prepotenza, così come anche l'incapacità non solo di graffiare, ma di lasciare in un modo o nell'altro un qualsiasi segno.
Ora come allora, Christensen cerca di sostenersi su una corposa colonna sonora, spazia dalla classica di Beethoven al rock di David Bowie, dal jazz di Billie Holiday alla neopsichedelia dei Tame Impala; come nel film precedente associa la lirica di Léo Delibes alla scena della telefonata in vasca, e soprattutto clona (manco a dirlo) la sequenza del ballo al bowling incentrata sull'electropop della sua Sophia, So Far (scritta come bozza per Curfew e successivamente completata e pubblicata sotto lo pseudonimo di Goodnight Radio, lui già frontman degli Stellastarr*): ma la magia non si ripete, e quello che lì era diventato il momento trainante, perfettamente incastonato dentro un racconto breve e conciso, qui appare assai meno potente, disinnescato dalla mollezza di un plot tanto involuto e banale da poter considerare Before I Disappear non tanto un lungometraggio originato da un corto, quanto piuttosto una versione deluxe dello stesso, dispersiva e infarcita di riempitivi insipidi e privi di mordente.
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