Regia di Riley Stearns vedi scheda film
Claire ha 28 anni e, dopo aver aderito al misterioso culto di Faults, ha improvvisamente tagliato i ponti con i genitori. Questi ultimi, disperati, si rivolgono a un “riprogrammatore mentale”, un sedicente psicologo conferenziere, perché rapisca la ragazza e le faccia dimenticare Faults.
Con questo lavoro, ad appena 28 anni, Riley Stearns licenzia il suo primo lungometraggio, dopo un tris di corti che non erano passati affatto inosservati (The cub, l’anno precedente, era stato nominato come miglior cortometraggio al Sundance Festival): senza troppi giri di parole, il risultato è ampiamente positivo. La mano dietro la macchina da presa è salda, il congegno a base di suspance e mistero cresce lentamente nell’ora e mezza di durata del film; innegabili quindi anche i meriti di scrittura (sceneggiatura firmata dallo stesso Stearns), sebbene qualche dubbio legittimamente rimanga sul finale eccessivamente sbrigativo (il colpo di scena risolutivo comunque funziona a dovere). Leland Orser e Mary Elizabeth Winstead, la coppia di protagonisti, sono incisivi al punto giusto: cosa che non sorprende, dati i curriculum; la Winstead in particolare era già stata al centro di tutti e tre i precedenti cortometraggi del regista: è (era, a oggi) sua moglie. Fra gli altri interpreti, ben assortiti, anche Jon Gries, Chris Ellis, Beth Grant e Lance Reddick. Visione assolutamente fluida e coinvolgente, degna di un Autore con la maiuscola; non sorprende quindi sapere che a Stearns serviranno altri cinque anni prima di tornare sul grande schermo – lo farà nel 2019 con l’ancora più intrigante L’arte della difesa personale. 7/10.
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