Regia di Riley Stearns vedi scheda film
Claire è una giovane donna soggiogata dall'ascendente di una misteriosa setta a carattere religioso. I genitori, disperati, si rivolgono ad un luminare della manipolazione mentale, ora squattrinato e male in arnese, ma in grado di salvare e "riprogrammare" parecchie persone cadute vittima di congreghe poco raccomandabili.
Dopo una breve introduzione dal sapore tragicomico il debutto nel lungo di Riley Stearns si tramuta in un ritmato kammerspiel, in cui gli elementi in gioco si scambiano di ruolo in maniera clamorosa a più riprese. "Faults" è quindi un lavoro verboso e claustrofobico, prigioniero delle quattro squallide mura di un motel di periferia, soprattutto mai forzato e impostato sulla potenza della parola, quella che ogni anno induce migliaia di individui a mollare affetti, beni e casa per cercare la pace in agglomerati umani dalle regole spesso condivisibili ma dall'etica quasi sempre corrotta.
L'argomento setta in realtà è un escamotage, "Faults" è più una riflessione generale e pessimistica sulla vita di ognuno di noi, in fin dei conti indottrinato fin dalla nascita, manipolato, plagiato, convinto. Guru da operetta, illusori idoli, pubblicità martellanti, imbonitori dal sorriso suadente mostrano come tutto sia possibile e nulla precluso, almeno sin quando dietro alla coltre di fumo si inizia a scorgere l'amara verità.
L'ex cheerleader di "Grindhouse" Mary Elizabeth Winstead produce e recita alla grande affiancata dall'altrettanto bravo Leland Orses, caratterista di spessore finalmente in un ruolo di primo piano. La pellicola soffre la monotonia degli ambienti e l'assenza quasi totale d'azione, ma come fossimo a teatro obbliga a concentrarci sui dialoghi, fiore all'occhiello di un film fuori dai canoni, in cui la beffa finale dimostra quanto siamo vulnerabili agli altrui voleri.
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