Regia di Riley Stearns vedi scheda film
Esperto del controllo mentale e della 'deprogrammazione' di adepti al settarismo, Ansel Roth è un cinquantenne male in arnese con un matrimonio fallito alle spalle e un agente-creditore che lo tallona da presso. Avvicinato dai genitori di una presunta vittima di un'organizzazione radicale religiosa, decide di aiutarla rapendola e segregandola in un motel per cinque giorni. Lungi dall'essere una povera sprovveduta, la sua paziente si rivelerà al contrario una pericolosissima ed abile manipolatrice. Finale tragico.
Come esordio nel lungo, dopo i corti a tema 'Magnificat' (2011) e 'The Cub' (2013), lo scrittore e filmmaker texano Riley Stearns non poteva scegliere meglio soggetto e trama se non quelli del settarismo quale argomento da sempre controverso nella cultura e nella storia sociale americana e per questo fonte di un morboso interesse del cosidetto cinema indipendente anche recente ('Sound of My Voice' - 2011 e 'The East' - 2013 della premiata ditta Zal Batmanglij-Brit Marling piuttosto che 'Martha Marcy May Marlene' - 2011 di Sean Durkin) quale cartina di tornasole dei perversi meccanismi nella costruzione di un consenso che faccia leva sulle debolezze e i desideri più reconditi (da quello sessuale a quello economico a quello spirituale) della cultura di massa a stelle e strisce. Al contrario delle velleità sociologiche dei film in questione, Stearns punta tutto sulla spiazzante ambiguità della commedia nera che finisce per omaggiare inevitabilmente tanto il cinismo impietoso dei fratelli Coen quanto il lirismo allucinato di Paul Thomas Anderson ('Magnolia' - 1999), e nello stesso tempo conferisce al dramma da camera di una tragicommedia della coercizione la sua innegabile originalità, forte di un impianto drammaturgico dove, similmente ad un altro curioso esempio real-based come 'Compliance' (2012) di Craig Zobel, l'origine del male pare risiedere proprio in quella zona grigia ed ineffabile dove la forza della parola e le tecniche di comunicazione si sostituiscono subdolamente al libero arbitrio ed alla facoltà del giudizio critico stabilendo una relazione di subornazione che prelude sempre alla disfunzionalità dei rapporti di potere ed alla inevitabile tragedia.
Magnolia (1999): Tom Cruise
Se è vero che la feroce ironia di una cura che si rivela peggiore (o meno adeguata) del male che vuole combattere sembra adombrare più di qualche dubbio sulle gabbie di sovrastrutture sociali che non possono vantare affatto un indiscutibile primato etico sull'altra (la famiglia tradizionale e puritana, lo sfruttamento commerciale delle tecniche di 'deprogrammazione' secondo Ted Patrick o lo stesso radicalismo settario), il relativismo etico del film di Stearns finisce per pendere decisamente a sfavore della pericolosità sociale di quest'ultimo rivelando, in un meccanismo allo scoperto, come il sequestro sia a termine (5 giorni soltanto) e le minacce dei creditori solo millantate ("Perchè hai portato lo scherzo a questo punto. E' solo un attore!") mentre l'innocenza di un demonio in gonnella di nome 'Ira' (nomen omen) appare come l'inevitabile nemesi che colpisce le colpe ('Faults' appunto) di una società basata sulle imprescindibili leve del denaro e della sessualità.
Forse troppo poco incisivo nei momenti di una transizione (traslazione) psicologica della vittima a carnefice per via di una scrittura del racconto eccessivamente compressa (avrebbe meritato di più dei soli 93 minuti), azzecca pienamente un cast che assolda un caratterista di razza come Leland Orser per la parte dello sprovveduto mentalista e la bellissima e conturbante Mary Elizabeth Winstead (moglie del regista) per quella di una subdola manipolatrice che sa benissimo quando arriva il momento di aprire le gambe. Premiato al SXSW Film Festival 2014 di Austen.
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