Regia di Alessandro Capone vedi scheda film
Come recita Danny Glover nel prologo, «aveva ragione Assange, aveva ragione Ron Hubbard, avevano ragione Charles Manson e tutti quelli del Club Méditerranée» (sic!): il nesso ci sfugge, ma il futuro è dominato da una corrotta confederazione militare e dalle radiazioni di scorie nucleari da cui ci si protegge iniettandosi un antidoto a intervalli regolari.
Un manipolo di resistenti, nella persona del singolo eroico Stephen Baldwin, s’intrufola in una base nemica dove si consumano una serie di voltafaccia che coinvolgono lo spietato colonnello Rutger Hauer, la sua sottoposta Daryl Hannah e il mercenario/pusher Michael Madsen. Le fialette anti-radiazioni iniziano a scarseggiare, come il budget a disposizione del regista, e le cose si mettono molto male.
Capone viene dal piccolo schermo e 2047 non raggiunge mai le dimensioni del grande: i corpi appesantiti, rovinati, autoparodici dei nomi coinvolti sono solo a tratti benedetti dall’ironia di uno script risicato e risibile (è ragionevole abbassare le pretese di credibilità in ambito sci-fi, ma quando un barattolo di vernice basta a schermarsi da un sofisticato sistema di rilevamento del campo magnetico umano, i dubbi sulla buona fede degli sceneggiatori fanno capolino), che gioca con il filone dei mercenari (Madsen entra in scena solo introdotto da schitarrate rock, Hauer gigioneggia con sigaro perennemente fra le labbra) ma poi si prende dannatamente sul serio. Come (ciò che resta di) Daryl Hannah, maschera di enfasi e silicone.
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