Regia di David Hare vedi scheda film
E fu così che finì il nuovo cinema britannico degli anni '80, un movimento che aveva prodotto opere di valore come "Brazil" (1983), "Il giorno delle oche" (1984), "Pranzo reale" (1985), per citarne solo alcuni. La vicenda è quella di una dottoressa ospedaliera americana trapiantata in Inghilterra, che fa una vita basata sul lavoro, mentre si preoccupa di tenere a bada l'esuberanza della spiantatissima sorella minore. A un certo punto s'innamora di un affascinante imbroglione e questo le sconvolge la vita, fino ad una presa di coscienza finale.
Se il sottofondo di critica sociale alla riforma thatcheriana del sistema sanitario britannico è apprezzabile, non altrettanto lo è lo sviluppo piuttosto convenzionale con il quale è trattato tutto il materiale (addirittura insopportabile la sfilata di moda in sottofinale), e sinceramente dall'autore del "Mistero di Wetherby" (1985) e di "Paris By Night" (1988) ci si sarebbe aspettati ben altro. Tanto è vero che Hare, dopo questo film, non ne dirigerà altri, eccetto l'ignorato "The Designated Mourner" (1997) e si limiterà a scrivere per il teatro.
Dalle ceneri di questo cinema inglese, di cui questo film, con quel suo assurdamente ottimistico finale in stile americaneggiante e forse imposto dalla produzione, pare significare il funerale, risorgerà il vecchio Ken Loach, che con ben altra forza porterà avanti il suo discorso di critica sociale, mentre rimarrà in piedi il solo Greenaway, essendosi Terry Gilliam ormai perso nella melassa di Hollywood.
Per quanto riguarda "Spalle nude", dispiace oltre tutto vedervi sprecati attori di valore come Blair Brown, Bruno Ganz e Bridget Fonda. (24 aprile 2004)
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