Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Only Friends Left Alive.
Guillermo del Toro, dopo la ''pausa'' relativa alla co-co-co-stesura ottomana (sic) della trilogia dallo Hobbit tolkeniano la cui regia, anch'essa, passò di mano in mano sino a ritornare in quelle appropriate di Peter Jackson, dopo la risalita da quell'apnea billionaria nel mostruoso, sesquipedalico, mecha-robottonico bestiario kaiju con “Pacific Rim”, e in contemporanea con il passo lungo-seriale di “the Strain”, scrive e dirige questo “Crimson Peak” recuperando 18 anni dopo il co-sceneggiatore (Matthew Robbins) e il direttore della fotografia (Dan Laustsen) - no, non un parterre de rois, va detto - direttamente da “Mimic”.
Il ''gioco'' di riscrittura, recupero e adattamento calligrafico del Gotico hammer (la protagonista e suo padre appartengono ad una schiatta Cushing) - corman - burtoniano [comprensivo di un substrato eterogeneo: da Mario Bava al preraffaellita romanticismo vittoriano di “the BridesMaid” (quando Edith si scioglie i capelli) di John Everett Millais, del 1851, virato-piegato-innestato al gotico. Da ricordare, in tempi recenti, relativamente allo stesso pittore, la sua “Ofelia”, dello stesso anno, traslata al cinema da Lars von Trier in “Melancholia”] non gli riesce bene tanto quanto a Shyamalan nello stesso periodo o meglio di lì a poco riuscirà di riprodurre sé stesso con l'uno-due blumhousiano di “the Visit” e “Split”.
Perché “Crimson Peak” è “Sleepy Hollow” senza la forza del racconto, è “el Espinazo del Diablo” e “el Laberinto del Fauno” senza la loro urgenza. “Crimson Peak” raschia la crosta di terreno e tela dipinta, e sotto ci stanno “Sweeny Todd”, “Dark Shadows”, “Miss Peregrine” e l'argilla rossa (l'ultisols) di “HellBoy”, inestratti ed intatti, lontani.
È ben difficile ravvisare una qualsivoglia impellente urgenza in “Crimson Peak”: è forse un film che per la carriera di G. del Toro doveva essere fatto, naturalmente: naturale come la caduta delle foglie in autunno, ogni autunno, puntualmente... Può essere uno “spettacolo” che si rinnova di bellezza ogni volta, come ogni volta può diventare uno stucchevole luogo comune svuotato d'ogni senso. Non c'è un albero per chilometri, ma la messe di foglie non cessa di pioggiare dal buco nel soffitto. Un cagnolino scodinzolante spezza la tensione: a lui è riservato un oblio fuori campo, miglior sorte non tocca ai protagonisti, inesorabilmente incistatisi come fantasmi inestirpabili nelle loro reverie, senza nemmeno uno spicciolo dell'ambiguità dell'eterno ritorno shininghiano [un piccolo omaggio al film di S. Kubrick si può intravedere nella scena della palla che entra in scena dal fuori campo della quarta parete (come Klaus Kinski - di spalle - nei film di Werner Herzog), citata e ricreata anche da Jonathan Glazer in “Birth”, mentre, nella stessa sequenza, è presente un accenno pianistico (musiche di Fernando Velázquez) che si potrebbe ricondurre alle insistite tre note ripetute dal György Ligeti di “Musica Ricercata II (Mesto, Rigido e Cerimoniale)” in “Eyes Wide Shut”].
E insomma, “Crimson Peak” trasuda più la belluria di “Alice in WonderLand Through the Looking Glass” (T.Burton-J.Bobin) piuttosto ch'essudare la riproposizione (con ridisposizione di parentele) del terzetto in fuga dal tempo del film di Jim Jarmusch (Jessica Chastain al posto di Tilda Swinton).
Perciò le tre stelle, quindi il 6 politico, dunque né carne né pesce: quanto sarebbe meglio una sana stroncatura, allora? Ma “Crimson Peak” non è un film stroncabile, nemmeno per fargli del bene (ché in questo modo si farebbe del male agli spettatori: a quelli che se lo perderebbero, ché merita una visione, e a quelli che, convinti di trovare un capolavoro di fronte a siffatta stroncatura, in realtà si ritroverebbero con delle falene in mano).
A “Crimson Peak” non posso che dare [***], giudizio che fa il paio con quello che assegnai a “the Revenant”: l'occhiello della stroncatura reciterebbe: “the Revenant” è un film sbagliato, “Crimson Peak” inutile.
Ovviamente c'è di più, ed è un di più che si limita a questo: qual è il metro di giudizio supremo? Questo: un film è buono se, dopo 1 giorno, 1 mese o 1 anno, si sente la necessità di rivederlo (rivedrei “the Revenant” solo a seguito di una lauta mancia per contropartita, rispetto a “Crimson Peak” qualche dubbio sorge, ed ecco perché il mio [***] si estende ad un ***¼ – 6½).
Nasce tutto da questa frase: “Me la rileggi di nuovo?”. È il bambino che chiede al genitore di raccontargli, ancora una volta, nuovamente, appena terminata, la fiaba o la favola della buona notte. Non perché non vuole addormentarsi e rimanere sveglio (un capriccio), non per il semplice piacere della compagnia (amore, affetto, necessità), per non arrendersi alla paura del buio, o, ancora più ancestralmente, per il semplice piacere di ascoltare una Voce Umana (in quel caso gli si potrebbe leggere pure l'elenco del telefono o un racconto dell'orrore). No. “Voglio sentirla di nuovo, subito!”. E tu gliel'hai appena letta. “Ma, te l'ho appena letta!”.
Non importa.
“Me la leggi ancora? Voglio sentirla di nuovo”.
Il fatto è che quella storia (favola, fiaba, racconto) è veramente bella. Lascia spazio e tempo all'immaginazione: la coltiva, la incita, la sprona. Esula dal canone.
Ecco. Questa invece è tutta un'altra storia...
Perché allora considero “Sleepy Hollow” o addirittura “Alice in WonderLand” con tutto il Burton meno riuscito sopracitato più meritevoli - il primo magari di una rivisione biennale, il secondo di una quinquennale, giusto per quantificare il tempo e tener buono il Cappellaio Matto - di una seconda occhiata rispetto a “Crimson Peak”? Perché spesso G. del Toro soffre di quel difetto che A.G. Iñárritu e C. Nolan portano allo stremo: l'esser troppo pieni, ricolmi, appesantiti, bolsi, inerti, disinnescati. La parziale ma preponderante ovvietà della trama mistery di "Crimson Peak" è l'ultimo dei suoi problemi. La maggior parte del cinabro scarlatto carminio che impregna la neve contiene si ferro, ma puramente minerale, non cromoproteico del sangue.
[ "Crimson Peak" vs "Mimic" ]
Mia Wasikowska (una eighties nel mucchio parziale delle giovani attrici nineties: Emma Watson, Kristen Stewart, Saoirse Ronan, Dakota ed Elle Fanning…), Tom Hiddleston, Jessica Chastain, Jim Beaver, Charlie Hunnam (e un grande caratterista qual è Burn Gornam) fanno il loro dovere. Il Canada (Ontario) interpreta a meraviglia (con supporto CGI) Buffalo (NY) e l'Inghilterra.
Detto ciò, onore al merito:
“Edith! La nostra giovanissima Jane Austen. Lei morì illibata, giusto?”
“In realtà preferirei essere Mary Shelley. Lei morì vedova”.
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