Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Come un entomologo che disseziona una falena nera per fame di studio, così Guillermo Del Toro fa a pezzi lo scibile dell'immaginario gotico per catturarne l'essenza e (cercare di) restituirla - con i lauti mezzi dell'industria moderna - usando i brandelli più opportuni alla composizione del ritratto. Il risultato - il ritratto - è opera grondante amore e accademismo, ricerca del bello e analisi dell'(amore per l')orrore, recupero filologico e restauro postmoderno, pennellate ipercromatiche e motivi atavici, cuore cremisi e anima nera e macchie di candida innocenza.
Uno sguardo - accurato, accorato, accordato - rivolto al passato, alla materia di cui sono fatte memorie, eredità e rivelazioni fantasmatiche: la rappresentazione ha la consistenza dell'illustrazione per suggestioni/citazioni (cinematografiche, letterarie, pittoriche, fotografiche, musicali, attinenti all'immaginario tutto) care al genere, tra atmosfere romantico-decadenti, venature malsane-morbose, tormenti turbamenti e ammonimenti, visioni di tenebra, e donzelle in pericolo-uomini ostaggio di paure e codardia-dame folli-grandi vecchie dimore viventi-morti ritornanti che reclamano giustizia.
Fascino d'altri tempi, inseguito, eseguito, (fin troppo) pulito ed un poco esangue nonostante il profluvio di liquidi e sostanze rossosangue - quasi una sorta di blob ribollente misfatti inconfessabili - su scenari ora bianchissimi ora scuri ora virati alla sensualità (del) fatiscente.
Concepita su archetipi e codici teorici che si fanno elemento pulsante materico - come un'istantanea d'immagini di morte che prende vita (ma è visibile solo a pochi) -, l'opera vive di un'idea(zione) drammaturgica esemplare (nonché didattica), realizzata per mezzo di un'architettura narrativa elementare, prevedibile, lenta, inesorabile. Esplicita(ta): la perfezione di scenografie, ambienti, illuminazioni, messa in scena e manovre registiche, riferimenti, personaggi e dialoghi, recitazione, visione d'insieme - persino la grafica orrorifica attraversata da flash splatter, dettagli macabri, discese nei territori dell'angoscia e del terrore - racconta di un linguaggio e un pensiero sinceri, senz'altro corretti ma a cui forse manca (in)sana passione.
Che pure si affaccia nell'ultima mezz'ora (in cui risoluzione del mistero, trionfo sulle entità malvagie e prospettive aperte al futuro determinano la degna chiusa morale): travolgente, trascinante, trascinata da un terzetto d'attori (sempre) strepitoso: Mia Wasikowska possiede volto e animo di un'altra epoca, Tom Hiddleston riempie spazio e tempi con occhi che esprimono l'intera gamma di emozioni, Jessica Chastain vibra della bellezza della malignità.
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