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Crimson Peak

Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film

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La recensione su Crimson Peak

di supadany
7 stelle

A quasi dieci anni di distanza da “Il labirinto del fauno” (2006), Guillermo Del Toro ritorna ad un cinema più artigianale, privo di ansia (da prestazione) e con un’impronta fortemente personale.

Lo fa senza paura, dando vita ad un insieme oggigiorno insolito, capace di incantare, ma anche di lasciare perplessi.

Nella New York di inizio ‘900, la giovane ed altolocata Edith (Mia Wasikowska) non riesce a trovare soddisfazione, ma per lei qualcosa sembra destinato a cambiare quando arriva dall’Inghilterra Thomas Sharpe (Tom Hiddlestone) in cerca di denaro per un suo progetto imprenditoriale.

Se ne innamora e dopo l’improvvisa morte del padre lo sposa e si trasferisce nella sua dimora inglese dove vive anche Lucille (Jessica Chastain), la sorella di Thomas.

I suoi sogni però si scontrano con una realtà ben diversa ed alcune premonizioni la mettono in allarme; dietro alle parvenze si nascondono diversi segreti di lungo corso che marcano un passato lastricato di sangue.

 

scena

Crimson Peak (2015): scena

 

A monte di ogni riflessione, va reso onore al merito a Guillermo Del Toro che si discosta dal cinema da cassetto per realizzare un’opera innervata dal gusto per le atmosfere, con uno sviluppo che non ha fretta di esprimersi e che ibrida generi lasciando alla categoria che gli viene ufficialmente affibiata, l’horror, solo sfumature.

E’ infatti più che altro un melodramma vecchio stile (con abbondanti dosi di dolore) con risvolti thriller (come non se ne vedono spesso) e spruzzate di soprannaturale; le presenze ultraterrene vengono utilizzate sicuramente per creare un po’ di tensione, ma poi la loro funzione in corso d’opera ha altri obiettivi.

Un quadro che si compone gradatamente, in maniera un po’ troppo prevedibile (tante mosse si intuiscono senza troppi sforzi) e con anche alcune ingenuità (difficile capire il senso della prima (inutile) immagine che ci porta, non è un mistero, in fondo), ma raffinatissimo, a partire dalla composizione estetica, tra scelte architettoniche volte ad impressionare e la ricerca del dettaglio visivo e cognitivo.

E l’amore diviene il vero propulsore, sempre più evidente, di ogni azione, nel bene, per Edith, così come nel male, per Lucille, e nei confronti di chi forse vorrebbe cambiare le cose, tra rapporti malati, imbrogli e delitti inquietanti per lo più racchiusi tra le mura, pericolanti, tra un tetto ormai mezzo distrutto ed un terreno al collasso, di una dimora fatiscente che ne ha da raccontare.

Tra apparenze e realtà si apre dunque un grande spazio di manovra, il che dovrebbe dar vita a molte sorprese, ma in realtà su questo aspetto non trascurabile, non si riesce ad andare oltre meccanismi facilmente intuibili.

Allo stesso tempo il copione rende merito ad un trio di interpreti d’eccezione (più il corretto Charlie Hunnam) che fortunatamente confermano quanto era ipotizzabile sulla carta; Mia Wasikowska è intraprendente, ingenua ma destinata a crescere velocemente nelle ferite fisiche e morali, Tom Hiddlestone sembra venire da un altro mondo con uno sguardo che persuade, conquista ma anche inganna e destabilizza (talento rarissimo), mentre Jessica Chastain (che torna in nero dopo “La madre” (2013), anche lì c’era lo zampino del regista messicano) tratteggia un personaggio che parte un po’ in sordina per poi prendersi la ribalta assumendo connotati malvagi, tra possessione e gelosia.

Tutto questo per una pellicola che negli scorsi mesi aveva generato grandi aspettative che in fondo non conferma, pur vantando delle eccellenze difficilmente controvertibili, ma d’altro canto ha il merito di apparire sincero e carico di sentimenti e sfumature come raramente capita di assistere pur non mostrando niente che non si sia già visto anche se in dimensioni differenti.

Particolare.

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