Regia di Wolfgang Reitherman vedi scheda film
Intelligentissima versione puerile (ma non troppo) del mito di Camelot – o meglio, di quel che successe prima, è il racconto di formazione più importante e riuscito mai realizzato dalla factory di zio Walt. Tutto è incentrato sul rapporto padre-figlio, nonno-nipote, maestro-allievo tra Semola, futuro e poco convinto re Artù d’Inghilterra, e lo scapestrato Mago Merlino – ma come non citare il mitico gufo Anacleto, consigliere petulante ma saggio – e le avventure nelle quali incappano hanno dell’incredibile. Però il valore educativo è indubbio: vengono insegnati il rispetto per gli animali e per l’ecosistema, le emozioni e i sentimenti, le opinioni altrui e si fortifica l’ego di un ragazzo sottostimato e sottovalutato. Qualche tensione nel legame, dovuto alla necessità di sbagliare da parte di Semola. Ma è quando entra in scena un personaggio che il film vira alto verso il capolavoro: la disperata e rivoltante Maga Magò. Questo irresistibile personaggio di bonaria cattiva (non è cattiva, è anti-merliniana – perché fondamentalmente invidia il mago spudoratamente) regala momenti entusiasmanti e raggiunge l’apice di grandezza nel memorabile duello di magia con Merlino: onesto e fesso l’uno, malandrina e scostumata l’altra, montone o topolino lui, elefante o rinoceronte lei, virus lui, drago lei (grande la regia del caciarone Wolfgang Reitherman). Un disegno anarchico e semplice, meno ambizioso de La bella addormentata e meno sperimentale de La carica dei 101 (i due Disney precedenti), ma che simpatia, che leggerezza.
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