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Piccole scosse

Regia di Aleksandra Gowin, Ireneusz Grzyb vedi scheda film

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La recensione su Piccole scosse

di ROTOTOM
7 stelle

Piccoli incidenti è il titolo originale di questo piccolo e originale film polacco vincitore del Napoli film festival 2014.
Asia (Helena Sujecka) , che si fa chiamare Precious,  convive con la sua amica Kasia (Agnieszka Pawelkiewicz). Si mantengono liberando le abitazioni delle cianfrusaglie domestiche lasciate alla morte degli occupanti. Ridonano  loro nuova vita restaurando e rivendendo la merce in mercatini di piazza. Alle due ragazze si aggiunge un giovane ragazzo divorziato e disoccupato, Piotr (Szymon Czacki) che incuriosito dalle due compagne si adagia sulle loro stranezze e si lascia trasportare in un platonico ménage à trois fatto di reciproca comprensione e rispetto.

Szymon Czacki, Helena Sujecka, Agnieszka Pawelkiewicz

Piccole scosse (2014): Szymon Czacki, Helena Sujecka, Agnieszka Pawelkiewicz

Piccole scosse è un lieve affresco di un pezzo di tempo attraversato dalla dolce impossibilità dell’amore, illuminato dalla freschezza di un nonsense quotidiano. Una commedia al tempo stesso realista e surreale, pervasa sottopelle da un umorismo che sfuma nella melanconia  agrodolce. I piccoli incidenti del titolo originale sono quelli – necessari -che permettono alle persone di andare avanti nella loro vita, superando ostacoli che l’esistenza mette lì, sul cammino, proprio perché vengano scavalcati. 
I registi  Aleksandra Gowin, Ireneusz Grzyb quest’ultimo autore anche della sceneggiatura, riescono a creare una storia liquida, atemporale, che scorre fluida tra i condomini popolari e le periferie dismesse dove la pesante realtà quotidiana sembra non lasciare scampo a qualsiasi tentativo di affrancarsi da un destino che sembra già scritto. In realtà i temi che vengono trattati con una sorprendente leggerezza di scrittura sono il divorzio, la vita e la morte, l’amore, la solitudine. La speranza e il tempo, la sessualità. La necessità di un equilibrio e uno sguardo consapevole, consapevolmente romantico e malinconico, verso un passato che trova nel presente la prova della sue esistenza. Il lavoro dei tre ragazzi, ridare nuova vita alle cose vecchie, salvarle dall’oblio della morte dei loro legittimi proprietari, serve da transizione tra un mondo ormai sorpassato verso una nuova concezione di società. Questo corteggiare l’anacronismo è ratificato dall’uso del formato 4:3 con cui il film è girato.

Un formato solido che rinchiude quello sguardo da cui i tre ragazzi cercano di affrancarsi. Inscatolati nel passato (scatole che contengono altre scatole), ognuno dei tre persegue e  difende la propria natura come singolarità esclusiva che riafferma con forza l’individualità di cui sono portatori senza violare quella altrui. Anche a costo di spezzare quell’equilibrio che la vaghezza anarchica dell’esistenza aveva creato.  Così quando Asia che non vuole essere toccata per nessun motivo perché teme che il contatto possa portare alla fine del mondo, si trova al centro delle attenzioni amorose di Piotr e Kasia, lesbica con tendenze autodistruttive, il sogno svanisce, il mondo (quello loro) svanisce nel nulla, qualcosa si sblocca e il tempo ricomincia a scorrere  e forse questo incidente sarà il motivo della futura esistenza dei tre, ognuno nelle rispettive vite.  
Tra siparietti esilaranti, personaggi stralunati e dialoghi sospesi nel nonsense, fanno capolino  scene a camera fissa che ricordano pur senza la rigorosa e geometrica messa in scena, i quadri di vita di Aki Kaurismäki, e sospensioni poetiche musicate  da una straniante colonna sonora  che lega il tutto in un delicatissimo, lucido, romantico esercizio di cinema.

 

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