Regia di Robert Rossen vedi scheda film
La crescita interiore di Eddie Felson passa per i tavoli da biliardo: è come certi cavalieri dei romanzi arturiani, che all’inizio sfidano gli avversari più forti per una sbruffoneria giovanile ma solo dopo essere maturati umanamente diventano degni di affrontarli. Confrontare la prima partita, barocca e interminabile, con l’ultima, rabbiosa e fulminea: in mezzo c’è stato l’incontro di Eddie con un Mefistofele che gli ha fatto scoprire l’abisso in cui stava precipitando, c’è stata l’esperienza del dolore per una perdita. Tutta la parte sentimentale, per quanto narrativamente necessaria, interessa meno: Eddie è un animale da tappeto verde, e ogni volta che se ne allontana il film perde colpi. In fondo il finale è abbastanza aperto, perché ci lascia in dubbio se Eddie abbia imparato o no la lezione; ma certo non andava chiuso come ha fatto Scorsese, troppi anni dopo.
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