Regia di Maxime Giroux vedi scheda film
Dopo la ben più nutrita pattuglia di cineasti canadesi della scorsa edizione del TFF, quest’anno a rappresentare quella giovane cinematografia è arrivato a Torino l’ultimo film di M.Giroux, per lui un ritorno dal 2008 con Demain. Dalla terra che ha visto crescere Villeneuve e soprattutto Dolan, un altro autore che prima di tendere ad altri lidi cinematografici con annesse peculiarità espressive e di genere, dimostra una certa lucidità e precisione per cogliere aspetti della società canadese che integra o in altri casi magari disintegra, nuove comunità animate in fondo dai problemi esistenziali comuni a tutti quanti. Felix è un adulto non completamente maturo, che ha appena perso il vecchio padre con il quale non ha mai instaurato un buon rapporto. Meira, giovanissima madre sposata con un appartenente alla rigida comunità chassidica, insoddisfatta di vivere secondo la tradizione, in evidente stallo emotivo. Dall’incontro fra i due scaturiranno forse più incertezze che dolci momenti. Il registro scelto da Giroux è quello melodrammatico, ma dai toni sempre contenuti e misurati. Non tanto per la gestione del personaggio di Felix, ma nell’adoperare la mdp dentro la comunità di Meira, che dal punto di vista di una società moderna potrebbe sembrare almeno anacronistica e facilmente criticabile. Non siamo vicini alla tragicità di La sposa promessa (di Rama Burshtein 2012) il cui sguardo attento rasentava l’antropologico radicalizzandosi all’interno di essa. E’ la superficialità di Felix, la sua spontaneità, il tentativo forse per lui vanificato altre volte di avvicinarsi ad un amore impossibile che esplora e avvicina caratteri in apparenza tanto differenti. Dunque Giraux registra senza rompere nulla, non giudica senza far sorgere delle riflessioni più esplicite che come minimo raffredderanno le facili certezze degli spettatori. Con delicatezza ma anche con attenzione il regista non tralascia nulla e il vero attore protagonista della trasformazione delle relazioni non saranno ne Felix ne Meira. Il film non ha nessuna intenzione di fornire degli acuti né per la sceneggiatura e tantomeno particolareggiando tecnica e riprese. Esprime un rigoroso punto di osservazione che tiene aperto il senso della partecipazione di chi assiste alla vicenda. Pur lavorando nel dettaglio ravvicinato sui volti interessanti dei protagonisti, è il fuori campo che cresce a dismisura e nello sviluppo del racconto si impone, quando prende forma riesce anche ad offrire qualche sorpresa. Il cedimento finale sottolineato dalla moltiplicazione di eventi che farebbero convergere il racconto dove deve stare, penalizza un poco il buon risultato prodotto.
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