Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film
Sandy Shaw va al Nido dell'aquila con il figlioletto e il fidato cane lupo chiamato Whiskey. Sandy è un cercatore d'oro e il Nido la proprietà che ha acquistato; un rivale del luogo ha però deciso di mettergli i bastoni tra le ruote.
Gli ingredienti sono tanti, persino troppi; la ricetta è scritta in maniera approssimativa e il cuoco – il buon Alfonso Brescia, regista ormai esperto di prodotti popolari – fa quel che gli riesce per servire un piatto che, alla fin fine, risulta ben poco appetitoso. Troppi sapori messi assieme e in modo pressoché casuale, in questo lavoro: il titolo, tanto per cominciare, ricorda Lo spaccone (Robert Rossen, 1961) e presumibilmente anche il più recente successo La stangata (George Roy Hill, 1973), ma di Paul Newman qui non c'è nemmeno l'ombra. Il film è anzi l'ennesima rimasticatura delle avventure di Zanna Bianca, portate in auge sul grande schermo da Lucio Fulci con l'eponima pellicola del 1974; qualche stunt canino – invero piuttosto banale – chiude il discorso, perché a conti fatti è piuttosto limitata la parte riservata a Whiskey (il cane Habbash, che tornerà subito dopo in Zanna Bianca e il cacciatore solitario, sempre diretto da Brescia). Già più insistiti sono i contorni del melodramma strappalacrime, altra tipologia di film molto in voga in quegli anni, grazie alla sottotrama sentimentale che coinvolge il protagonista e il figlioletto; meno evidente, ma comunque ben presente è poi il retrogusto alla Trinità (Lo chiamavano Trinità, Enzo Barboni, 1970) fatto di sonore scazzottate impartite dal burbero personaggio affidato a Ignazio Spalla/Pedro Sanchez. Gli altri nomi di rilievo nel cast sono quelli di Robert Woods, Robert Hundar, Franco Lantieri e Gabriella Lepori, con il piccolo Paolo Lena nella parte del figlioletto di Sandy Shaw (nome assurdo? Nulla al confronto del terreno da Shaw comprato, che si chiama Nido dell'aquila!) e un ruolo marginale anche per Nello Pazzafini. Valida la colonna sonora di Alessandro Alessandroni; sceneggiatura di Piero Regnoli e Giuseppe Maggi da un racconto di Edgar B. Cooper. 3/10.
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