Regia di Vanessa Lapa vedi scheda film
I 94 minuti che scorrono sullo schermo sono solo la punta dell’iceberg del lavoro certosino di Vanessa Lapa, cineasta belga naturalizzata israeliana. Raccolti diari, lettere e documenti dai cassetti di Heinrich Himmler, la regista li ha affidati alle voci di attori e suturati a immagini d’archivio, spesso inedite, recuperate in 53 diverse istituzioni fra Europa e America. Suddiviso in capitoli che scandiscono l’avanzata del partito nazista prima, e delle truppe tedesche poi, il film ripercorre la vita del comandante delle SS dal battesimo al suicidio, attraverso scambi di missive affettuose con la moglie Marga e l’amante Hedwig, con la devota figlia Gudrun e con i genitori. Corrispondenze private, lontane dai dettagli militari: a parlare è l’uomo, non il braccio destro di Hitler. Uno squarcio di intimità agghiacciante nella sua quieta normalità, prova ulteriore della banalità del male. Il documento è prezioso, ma lo sguardo di Lapa non è esente da ambiguità: nella selezione dei brani, nel dialogo fra testo e immagini, la direzione della regista asseconda le aspettative dello spettatore sulla natura del “mostro”. Da Himmler ci aspettiamo disumanità, quindi mentre i campi di concentramento si riempiono, la frase scelta per suggellare il capitolo è «malgrado tutto il lavoro, sto bene e dormo bene». Sarebbe stato più coraggioso cercare (anche invano) l’essere umano dietro l’orrore, piuttosto che cullare le nostre certezze e ribadire l’obbrobrio.
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