Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
“Albero che non cresce, bisogna tagliarlo”. Non era solo Benito Mussolini a crederlo, se ancora oggi esiste chi crede che “si debba vivere la castità”. Quando si è omosessuali. Come se non bastassero le sofferenze in famiglia, le derisioni a scuola, l’esclusione dalla società dei “normali”. Solo un grande regista come Gianni Amelio, quello capace di raccontare come pochissimi in Italia, il mondo adulto dei bambini, con la stessa sensibilità e poesia, racconta le esistenze di chi, come lui, ha faticato una vita per dire a se stesso, e poi agli altri, quello che é. Il suo meraviglioso documentario passa in rassegna l’Italia del mondo omosessuale, così com’è stato vissuto nel Novecento, dai primi del secolo agli anni ’80. Attraverso le parole dei giornali e le immagini di repertorio della televisione, Amelio racconta la battaglia, di uomini e donne che sembrano raccontare un’Italia non così lontana da quella di oggi. Che reprime, esclude, nasconde e confonde le diversità con le “normalità”, ammesso che ci fossero. Amelio affronta l’omosessualità come causa e condizione della società. Non c’entra l’età, visto che si tratta di 20 uomini e donne, per lo più anziani, fra quelli intervistati, e di cui solo uno, l’ultimo, è un adolescente. Un ottima scelta registica anche questa. La storia e il suo perpetuarsi…
Si tratta di un inno alla diversità. Così come un altro grande artista e intellettuale, Sandro Penna, prima di Amelio, aveva fatto, per mezzo della parola fattasi poesia. Lo stesso titolo del documentario di Amelio è tratto da una stupenda poesia di Penna.
Quello che emoziona, fa commuovere fino alle lacrime, è il racconto nostalgico di chi ancora oggi vive gli anni peggiori della sua giovinezza, in rapporto all’oggi. Questo, paradossalmente, è più spietato nel catalogare, definire, giudicare tutti con un unico termine, “gay”, che “ha sepolto le diversità fra la diversità”, appiattendo tutto come se si trattasse della medesima cosa. Invece, Amelio afferma a chiare lettere come nessuno è uguale a nessun altro, nessuna sofferenza si somiglia, alcuna esperienza si eguaglia. Ogni diversità è singolare, nella sua essenza e specificità.
Amelio, con Felice chi è diverso, compie un’opera importante: quella di rendere palese a tutti come nella storia, compresa in quella più recente, ci si rende complici di un ladrocinio che non appartiene solo ai bambini, ma è parte di un’intera umanità. Che ancora oggi deve rivendicare la propria dignità. Lo splendore della propria diversità.
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