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Resistenza naturale

Regia di Jonathan Nossiter vedi scheda film

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La recensione su Resistenza naturale

di OGM
8 stelle

Nel mondo globalizzato esiste un ultimo spicchio di libertà. è un regno sparso qua e là, fatto di piccoli e grandi appezzamenti di terreno, dove le piante crescono dando frutti ma senza piegarsi alle regole del mercato. Quattro vigneti italiani, in Piemonte, Toscana, Emilia e Marche,  sono vivai di un pensiero alternativo che matura al sole e diventa vino. I loro proprietari ci presentano il loro modo di sentirsi diversi, e quindi più veri: estranei ai circuiti dell’omologazione sancita dal marchio DOC, ed accomunati dal desiderio di costruire un futuro concepito come una naturale evoluzione del passato, che innova nel rispetto della tradizione. Le loro testimonianze sono racconti di un impegno di vita, fondato in  parte sulla scienza, in parte sulla fede: il sapere imparato e quello acquisito attraverso le emozioni confluiscono armoniosamente nella convinzione che l’uomo è fatto di terra, e che solo da questa, dalle sue sostanze minerali ed organiche, può trarre la propria ricchezza. Disallinearsi dall’appiattimento indotto dalle normative internazionali significa riscoprire l’individualità come fonte di iniziativa originale e di varietà produttiva: il discorso si applica agli imprenditori esattamente come alle loro creature, ai filari dove gli acini, in barba agli standard cromatici europei, si tingono dei mutevoli colori determinati dal clima, e non vi sono due grappoli che abbiano la stessa forma o grandezza.  Dell’argomento si può parlare con il linguaggio tecnico della chimica agraria, ma anche e soprattutto con le parole che escono dal cuore, dall’amore per un’idea che si fa luce, aria, spazi aperti, e che nel contempo lavora incessantemente sulla materia, per generare sapore, nutrimento, convivialità, gioia. Gli artifici dell’era industriale sono tristi, asettici e solitari, come un panino in confezione sterile, frettolosamente consumato in un angolo di un bar: un cibo anonimo impastato di un grano misero, con le radici corte che toccano appena il suolo, succhiandovi poco o niente. Prima della corsa alla moltiplicazione seriale, le colture erano più robuste e antiche, cariche di storia e di sedimenti, con profonde diramazioni che scavavano nelle millenarie stratificazioni prodotte dal ripetersi del ciclo vitale. Stefano ci spiega che una zolla è viva solo quando è nera, molle e piena di foglie putride. Perché, ci ricorda Elena, ciò che è troppo pulito ci aliena dalle nostre origini e ci rende fragili. E poi, sottolinea Giovanna, la vera sporcizia è quella inventata dal progresso tecnologico, che inquina e fa ammalare. D’altronde Corrado, che ha studiato alla Bocconi, sa bene quanto il “capitalismo” sia in grado di opprimere e distruggere. In un’epoca che punta a modelli sempre più universali e totalizzanti, c’è qualcuno che preferisce la visione ristretta che non arriva all’orizzonte, avvolto nella nebbia o nascosto dietro un colle. Ci si può chiudere in se stessi e rimanere a coltivare il proprio orticello; una scelta che, in questo caso, è un’espressione di semplice saggezza, e salva dal generale impazzimento.  

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