Regia di John Huston vedi scheda film
Tutto si svolge fra 1 e 2 novembre 1938: un ex console inglese in Messico, costantemente ubriaco, si ricongiunge con la moglie che lo aveva lasciato un anno prima ma non riesce a perdonarle di averlo tradito con il giovane fratellastro. La leggenda dell’infilmabilità del romanzo di Malcolm Lowry si deve alle numerose sceneggiature che ne erano state tratte inutilmente, più che alla sua complessità: ci sono inversioni temporali, monologhi interiori, ma insomma non siamo ai livelli di Proust o Joyce. Certo, Huston semplifica: mantiene l’ossatura, cioè la storia di un’autodistruzione ostinata e senza scampo, e sfronda il contorno (“è appunto un film ridotto all’osso: manca la polpa”, si lamenta Morandini); salva però il contesto storico, con i riferimenti alla guerra civile spagnola, e anche certi refrain tematici (es. le allusioni alla cacciata dal giardino dell’Eden). Finney fornisce un’ottima prova; la Bisset è tenera, accorata e impotente. Senza nulla togliere a The dead, che è una perfetta conclusione di carriera, bisognerebbe rivalutare questa ballata funebre che si apre su immagini carnevalesche di scheletri ornati per la festa dei morti e si chiude in una squallidissima locanda fra un nano pappone, prostitute obese e miliziani filonazisti.
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