Regia di Antonietta De Lillo vedi scheda film
Lucio Fulci si racconta.
Dagli esordi accanto a Steno, a Totò, al giovane Celentano con le prime sceneggiature, i primi ruoli da assistente regista e perfino qualche particina da attore, fino agli anni Novanta, al termine della carriera registica, ormai riconosciuto come uno dei maestri dell'horror all'italiana: Lucio Fulci si racconta a ruota libera in mezzora tonda di intervista ad Antonietta de Lillo. Primo piano, nessuna domanda o commento di voce esterna, solo Fulci in scena, mattatore che non si preoccupa nè di fare nomi e cognomi, nè tantomeno di spedire frecciate a destra e a manca: Kezich non capisce nulla di cinema, Maselli è un finto-impegnato, i fratelli Vanzina sono degli irriconoscenti nei confronti del padre... Tutto questo e molto altro: il verace e simpatico cineasta romano era d'altronde in forte declino e faticava a trovare spazio per lavorare in un cinema di genere ormai al collasso; un minimo di frustrazione è perciò non solo comprensibile, ma ammessa dallo stesso protagonista, che d'altronde coglie l'occasione di questo documentario biografico per raccontare qualcosa di sè, per spiegare le ragioni del suo cinema, anche quello apparentemente più inconsistente dal punto di vista artistico, quello semplicemente alimentare. E si scopre così un autore - forse minore, ma di certo autore - del cinema nostrano preparato, accorto, ingegnoso, smanioso di sperimentare e ciononostante relegato in un angolo da pressochè tutta la critica ufficiale lungo l'intero arco della sua carriera. Peccato per la scarsa durata, specie considerando che su (e con) Fulci non è stato girato praticamente nulla. 5,5/10.
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