Regia di Antonietta De Lillo vedi scheda film
Mezz'ora di racconti, aneddoti e frecciate. Niente pause, niente domande, solo parole del protagonista di questo intenso fluire autobiografico. Fulci è un fiume in piena, sembra quasi che abbia studiato la parte, non dà spazio a un tentennamento che è uno: svuota il sacco e si toglie sassolini dalle scarpe. Parla dei suoi film, di come facesse deflagare ogni genere a cui si accostava, punzecchia alcuni colleghi e soprattutto quei critici che "figurati se do più di una stella a un film di Fulci". Lui, marxista dichiarato che non guarda in faccia a nessuno, bastonato dai critici della sinistra benpensante e quindi tirato su per dispetto da quelli di destra, cosa che gli dava un certo fastidio.
Nel 1994, due anni prima della sua morte, Lucio Fulci è malato da tempo e lascia un testamento artistico nelle mani di Antonietta De Lillo. Un meraviglioso documentario ricco di scene e filmati, la cui unica pecca è la durata. Mezz'ora è troppo poca per un regista come lui, lo spettatore è avaro di informazioni, vorrebbe sempre di più, sempre più aneddoti, sempre più informazioni. Alla fine ti senti come un nipotino che avrebbe voluto sentire mille altri episodi della vita del nonno. Non vorresti solo sapere tanto tanto altro sulle scelte registiche dei suoi mille film o sulle situazioni vissute sul set, ma anche ascoltare analisi e previsioni di un grande conoscitore di cinema e di un uomo arguto e intelligente. Gli americani hanno sempre copiato, ora che non possono più, fanno i remake. Nel '94, una profezia sulla Hollywood contemporanea. E chissà quante altre ce ne poteva regalare...
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