Regia di Josephine Decker vedi scheda film
Un lavoratore stagionale viene assunto come bracciante da un allevatore di mezza età che vive con la giovane figlia nel bucolico isolamento di una fattoria del Kentucky. Irretito dalla sensuali provocazioni della ragazza, finisce per farsi coinvolgere in un torbido menage sessuale che gli rivela una sconvolgente realtà familiare fatta di abbrutimento e di violenza.
Al suo secondo lungometraggio dopo Butter on the Latch, l'estroversa e talentusa Josephine Decker ripete la sua performance cinematografica codificata secondo le regole di un personalissimo Dogma in salsa yankee fatto di una mobilissima camera a mano, inquadrature fuori fuoco ed un montaggio che alterna descrizioni realistiche con improvvisi squarci di consapevolezza onirica. Se la saggezza appartiene a chi sà anche prima di conoscere, allora possiamo condiderare la giovane autrice americana (qui peraltro impegnata anche come produttrice low-budget con un intelligente programma di crowdfunding) come la nuova musa di un cinema indipendente che punta a nuove forme di linguaggio che sanno comunque rielaborare gli elementi di una lunga e complessa tradizione cinematografica, dimostrando di governare una materia tanto controversa quanto scivolosa senza cadere nella banalità o nel ridicolo involontario ed assumendo interamente su di sè la responsabilità di una messa in scena carica di simbolismi e di latenti significati ancestrali.
Laddove i guasti prodotti dal forzato isolamento degli uomini sono stati oggetto di indagine prediletta da un cinema morboso ed inquietante (Calvaire - 2004 - Fabrice Du Welz) o dal delicato psicologismo di uno scivoloso menage familiare da cui fuggire a gambe levate (Shell - 2012 - Scott Graham), il soggetto della Decker sembra più stare dalle parti della silente implosione di una perversione bucolica dove strani esseri alienati dalla realtà e dalla consuetudine di rapporti sociali accettabili, tessono la loro invisibile tela di ragno in cui intrappolare le ignare vittime di una abominevole concupiscenza (Spider Baby - 1964 - Jack Hill).
Calvaire (2004): Una scena del film
Spider Baby (1964): Una scena del film
Thou Wast Mild and Lovely (2014): Una scena del film
Forte di un rigore formale che rende credibile e coerente lo scenario psicologico di personaggi in continua lotta contro i propri istinti (si sa, la carne è debole!) e con le incomprensioni di un insanabile pregiudizio culturale, affiorano qua e là gli sconfinamenti pop dello stupefacente commento sonoro di un gustoso refuso metafilmico come la 'Murder, He Say' cantata da Betty Hutton e che rimanda all'omonimo film del '43 in cui un forestiero finisce suo malgrado tra le grinfie di una pericolosa famiglia di bifolchi omicidi in cerca di un tesoro. Attraversato da una sensualità a tratti disturbante è un film che gioca con le suggestioni cromatiche e sensoriali di uno straniamento emotivo carico di erotismo e di pulsioni mortifere e che trova nella scena finale di un menage a trois ad alta gradazione etilica la sua acme orgiastistica di straordinaria efficacia (a prova di censura, o quasi). Finale fintamente cattivo, riscattato ancora una volta dalla bellissima ballata country 'I'll Not Be A Stranger' performed by The Stanley Brothers.
Premiato al Memphis Indie Film Festival 2014.
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