Regia di Alonso Ruizpalacios vedi scheda film
Una delle caratteristiche più tipiche dei film appartenenti alla Nouvelle Vague era quella di presentare storie che nascevano dal pedinamento di personaggi ripresi durante i loro spostamenti per le strade della città. Favorite dall’apparente casualità di quelle camminate, le immagini proiettate sullo schermo non sembravano il risultato di un programma prestabilito ma il frutto di azioni dettate dal momento. In questo modo registi come Truffaut e Godard riuscivano a dare un senso compiuto alle loro narrazioni senza venire meno all'anarchia dello spartito. E’ un po’ a tutto questo che si rifà “Gueros” di Alfonso Ruizpalacios quando decide di raccontare la giornata di un gruppo di amici alla ricerca di una vecchia gloria della musica messicana fuggita dall’ospedale e datasi alla macchia. Nell’intento di tributargli la loro stima tre ragazzi e una ragazza si infilano in un complicato periplo metropolitano che ad ogni tappa ridefinisce le coordinate del loro viaggio.
Vincitore del premio per la migliore opera prima al festival di Berlino 2014 “Gueros”, a dispetto della popolarità di un copione che rientra a pieno titolo in quel romanzo di formazione d’ambientazione studentesca così in voga nel cinema giovanilista, prende fin da subito le distanze dalle produzioni mainstream palesando un’autorialità che non deriva solamente dall'emulazione di insigni colleghi (in particolare il Godard di “A Band A part” e il primo Jarmush) ma che è comprensiva di alcune anomalie formali come quella di girare in bianco e nero e di utilizzare un formato che alla maniera de “Il figlio di Saul” riduce di molto l’ampiezza del campo visivo. Se poi ci mettiamo che la vicenda si svolge nel 1999 durante la rivolta studentesca che mise in crisi la coscienza civica del paese allora è possibile capire quanto sia importante per il regista promuovere un'opera scanzonata e intelligente. La ricetta di Ruizpalacios funziona però solo in parte perchè talvolta la spontaneità dei protagonisti rimane imbrigliata dalla necessità del film di tenere fede ai modelli di riferimento di cui si diceva in apertura.
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