Regia di Steve Miner vedi scheda film
Questa così chiamata “parte seconda” inizia, giustamente, proprio dove il primo terminava.
In linea di massima poco va detto in aggiunta a quanto esplicato per il primo “Venerdì 13”.
Se non lo si può equiparare al capostipite, è solo ed esclusivamente per il fatto che si tratti di un numero due (derivativo cioè del precedente, che rimane la vera novità, l’assoluta scintilla), perché qualitativamente parlando siamo ai livelli del film di Cunningham.
“L’assassino ti siede accanto” non solo non fa rimpiangere il film del 1980, ma anzi stimola nello spettatore la frenesia per la venuta di altri capitoli, che si sarebbe infatti rivelata quanto mai imminente.
È incredibile come la ripetitività, nemico acerrimo di ogni forma narrativa (quindi non solo cinematografica) nonché difetto che orde di critici sono prontamente disposti a rilevare e additare, sia qui la carta vincente e al contempo l’assunto alla base del plot. Ripetitività da intendersi nei confronti del modello, e non tanto all’interno di questo stesso secondo capitolo.
Tale componente reiterativa è tanto innegabile quanto piacevole, ma soprattutto è il seme per la proliferazione della serialità, elemento – quest’ultimo – che è una delle radici dell’horror moderno.
È quindi in nome della sequenzialità (grazie al dispiegarsi della quale siamo oggi arrivati al capitolo undici, e dico undici!) che il massacro continua: sempre efficace, sempre impeccabile nella sua forma, sempre godibile.
Solo per la gioia dei nostri occhi.
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