Regia di Wim Wenders, Michael Glawogger, Michael Madsen (II), Robert Redford, Margreth Olin, Karim Ainouz vedi scheda film
I problemi sorgono sin dal titolo. Chi ha bisogno di cattedrali della cultura se non la borghesia che le erige per glorificare se stessa in quanto fruitrice privilegiata della cultura? Inevitabilmente si pensa a quanti non ci metteranno mai piede, in queste cattedrali. Wenders ha concepito un portmanteau per polemizzare con il 3D hollywoodiano, a suo dire poco innovativo. Eppure, al di là di prevedibili giochi prospettici, non c’è molto. Il concept, poi, è da cartellino rosso: i luoghi che parlano in off sciorinando una banalità via l’altra. Il segmento di Wenders sulla Filarmonica di Berlino e quello di Redford dedicato al Salk Institute sono i punti più bassi. Il compianto Michael Glawogger si perde nella National Library of Russia e se non altro riesce a trasmettere un certo piacere per il feticismo dei libri antichi. Il capitolo più rilevante, filmicamente, è diretto dal danese Michael Madsen (autore di Into Eternity: A Film for the Future e The Visit) e dedicato alla prigione supermoderna di Halden progettata da Erik Møller. L’eccellente lavoro alla steadycam di Torben Meldgaard Andersen evoca uno spazio concentrazionario nel quale i secondini si spostano in monopattino. La Oslo Opera House beneficia di qualche barlume da parte di Margreth Olin, mentre il Centre Pompidou (immaginato da Renzo Piano, Richard Rogers e Jean-François Bodin), nelle mani del pur interessante Karim Ainouz, è ridotto a uno spot.
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