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Violet

Regia di Bas Devos vedi scheda film

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La recensione su Violet

di Kurtisonic
9 stelle

Cesar De Sutter

Violet (2014): Cesar De Sutter

Violet è un coraggioso esperimento di rottura delle convenzioni narrative riguardanti i segmenti temporali, e cerca di porre lo spettatore in relazione diretta con un’immagine che va evolvendosi con la presa di coscienza di ciò che il racconto offre. Un ragazzino Jesse, appassionato di bici da cross, è testimone diretto dell’omicidio di un suo amico nelle gallerie di un centro commerciale. Il racconto verterà sull’elaborazione del lutto di Jesse in rapporto al suo mondo circostante. Impossibile non accostare Violet al celebrato Paranoid Park di G.Van Sant, laddove il regista americano usa il suo protagonista Alex per prendere coscienza di un suo gesto sconsiderato, facendo seguire alle immagini un percorso denso e suggestivo ma anche tradizionalmente cinematografico, eludendo in parte lo sconcerto e il travaglio del tutto interiore di Alex improntato più alla raffigurazione generazionale che ad un realistico disagio. La scommessa del regista belga Bas Devos è quella di far compiere a Jesse insieme allo spettatore quella transizione verso la presa di coscienza senza scorciatoie, senza manipolazioni, senza entrare in caratterizzazioni psicologiche che potrebbero modificare l’evento che si pone come elemento centrale assoluto. Ricercatezza formale e fotografia raffinatissima conferiscono all’estetica di Violet una veste adeguatamente colta, le immagini si imprimono con tinte forti e suggestive, come le tappe di avvicinamento alla risoluzione finale di Jesse, incapace di credere a ciò che ha assistito davvero. La consueta e imbarazzante distanza comunicativa fra generazioni agisce come peggio potrebbe fare, al limite dell’invisibile e dell’impossibile. Il nuovo mondo del ragazzino prende corpo e si sostituisce all’esistente, sono i feticci della modernità a comunicare con lui, sono gli oggetti di consumo che rivelano tutta l’impotenza e il disarmante disagio affettivo del mondo adulto, che non solo non può offrire affetto ma neanche sa come relazionarsi con la realtà. Sull’asse temporale Violet divide il suo consenso, smonta la comune percezione di accadimento dei fatti, imponendo la transizione del riconoscimento della realtà con il tempo che la vita richiede. Lentamente, immobilizzando attimi e sensazioni sfuggenti, rallentando e mettendo a fuoco il particolare ambientale che da anonimo sfondo diventa finalmente un corrispettivo elemento vitale. La profondità e la bellezza di tante inquadrature possono infondere il sospetto di un’operazione sofisticata e fin troppo costruita, ma l’evoluzione di ciò che accade non solo diventa coinvolgente, ma diventa strutturalmente complice di chi assiste con tenacia e arriva alla fine del film. Altro elemento di riflessione viene convogliato sulla portata, sull’uso e il consumo dell’immagine, sostitutiva ma anche generatrice di realtà, fornendo alle giovani generazioni quegli stimoli interiori che altrimenti non saprebbero cogliere, e questo non può che porsi come un’indicazione non priva di allarme da parte del regista che ne sottolinea la responsabilità e la veridicità. Bas Devos le impugna con decisione, gestisce la complessità di un evento traumatico dolorosissimo padroneggiando mezzi e idee con estrema chiarezza, con un rigore morale degno dei migliori autori europei.

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