Regia di Roland Reber vedi scheda film
Stravagante dramma (con venature erotiche) tedesco, girato in maniera sperimentale ma dal riuscito effetto cinematografico. L'uso non convenzionale delle luci -così come della fotografia e dell'audio- va di pari passo con riprese atipiche ma fortemente suggestive.
Tre coppie in crisi, un ragazzo ossessionato da internet e una ragazzina si trovano, casualmente, in un pub particolare. L'atmosfera suggerisce loro pensieri che vanno oltre l'ordinario. Mentre gli uomini immaginano di potere avvicinare Susanne (Carolina Hoffmann) la ragazza più giovane e bella, le donne mostrano altre fantasie: una desidera un rapporto lesbico con una piacente sposa di mezza età, mentre l'altra immagina di essere abusata sessualmente centinaia di volte, senza sosta, da uomini mascherati. Theodor, scoperte le pulsioni omoerotiche della moglie si avvicina a Susanne, senza sapere che...
"Il mio bar è il castello e io sono la regina. I miei ospiti vengono da me per vivere un sogno. Nessuno qui è quello che sembra essere. Ma non c'è niente di nascosto che non vedrei. I segreti che tutti tengono nel profondo sono rivelati in questo bar, perchè nessuno dovrebbe nascondere i sentimenti che potrebbero riportare la vita ai morti viventi. Quindi entra, bevi qualcosa e non essere troppo triste. La tristezza è inutile, quando sei nel mio bar. Sono la regina dei rapidi cambiamenti: apri il tuo cuore. Puoi essere ciò che vuoi e ciò che non hai mai osato essere. Lascia i tuoi sogni, sii mio ospite, sei il benvenuto per me." (La proprietaria del bar accoglie gli avventori)
Curioso personaggio Roland Reber: attore, regista, produttore, sceneggiatore e fondatore di un istituto teatrale ad Amburgo. Non è un caso infatti se Illusion sembra quasi una pièce teatrale, ambientata in un unico luogo e suddivisa in varii atti. Il contenuto del film è decisamente sfuggente e il finale -con lo stesso Roland Reber che guarda in moviola, si gira e, assieme allo staff tecnico, saluta il pubblico- non aiuta a derimere l'incertezza narrativa che sta alla base del film. È chiara la critica rivolta all'uso ossessivo dei social (Facebook in particolare), così come in certi passaggi, tra le righe, Reber sembra polemizzare anche contro la teologia o la religione in senso lato. Per il resto, in termini psicologici, è scontato il fatto che i personaggi vivano -tutti indifferentemente- un'esistenza monotona, ripetitiva, inappagante pur se circoscritta alle regole che il buon senso sociale impone. Però Illusion, anche se in parte delude per una sceneggiatura che -stringi stringi- ha poco altro da dire, lascia a bocca aperta per come è girato e montato. Reber fa uso di filtri, split screen, riflessi (in specchi, sui monitor o a bordo schermo) di personaggi che si sdoppiano, triplicano, quadruplicano creando un inevitabile senso di smarrimento. Film drammatico, alleggerito da momenti erotici girati con stile e resi intriganti dal complesso accorpamento fatto di suoni, voci subliminali e scritte in sovrimpressione. Non c'è dubbio che Roland Reber sia un regista -qui accostabile, per stravolgimento delle coordinate spazio temporali, al Gaspar Noé di Climax- dotato di un talento fuori dal comune. Il fatto che un prodotto di questo livello sia circolato solo in patria (Germania) e in Spagna, la dice lunga sul sistema distributivo europeo, chiuso e succube delle predominanti politiche imposte dalle majors americane.
"Ho incontrato Dio, in un orinatorio della stazione ferroviaria. E Dio era ubriaco, perchè era così triste." (Theodor)
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