Regia di Dietrich Brüggemann vedi scheda film
Ai cattivi allievi del catechismo che non se le ricordano a memoria, consiglierei, prima di iniziare la visione del film, di tenersi una lista con le stazioni della via crucis, che corrispondono ai vari capitoli di Kreuzweg e sono indicate in tedesco.
La trama del film corrisponde a un vero Calvario (titolo abbastanza gettonato negli ultimi anni: oltre a questo Kreuzweg, mi ricordo l'horror belga Calvaire e il dramma irlandese Calvary), di cui è purtroppo vittima, nella parte che quasi duemila anni fa fu di Gesù Cristo, una ragazzina quattordicenne.
Appartenente ad una corrente (ma chiamarla setta non sarebbe certo un sacrilegio) anticonciliare - con riferimento al concilio Vaticano II - della Chiesa cattolica, Maria è totalmente vittima del fanatismo religioso della famiglia e in particolare della madre, la quale considera il mutismo da cui è affetto un figlio più piccolo quale un giusto castigo divino per colpe che qualcuno deve avere commesso.
Si sa come finiscono tutte le vie crucis, anche se, al di fuori dei Vangeli, aspettarsi una resurrezione può lasciare delusi.
Laddove tutto è etica - la madre di Maria ricorda da vicino tanti prelati luterani del cinema di Dreyer e di Bergman - fatica a farsi strada la morale e nella storia di Maria manca anche una morale intesa come insegnamento, quale quella impartita dalle favole di Esopo e di Fedro: se una ne dobbiamo trovare, allora il racconto insegna che al termine di una salita al Calvario c'è la morte sulla croce e basta. Ma il racconto di Brüggemann insegna anche che ogni fanatismo è letale, anche quando Dio non si chiama Allah. E forse anche che misticismo e follia collimano e fanno vittime che nessun presunto miracolo (sebbene in stile Ordet) vale a riscattare. (24 luglio 2017)
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