Regia di Yi'nan Diao vedi scheda film
ORSO D'ORO - BERLINO 2014
Nero come il carbone, che attraversa inerte l’immenso territorio cinese dentro vagoni merci, diretto verso molteplici destinazioni.
Nero come il destino del nostro protagonista, offuscato dalla fine di un amore che lo rende solo, dedito unicamente ad un lavoro di poliziotto che, come la sua donna, gli sfugge pure lui inesorabilmente di mano.
Nero come il cielo cupo che avvolge in una bruma fredda e spessa ogni superstite, sporcando la neve che ricopre spazi cittadini degradati e soffocati dalla cementificazione, dalle fabbriche spoglie come scheletri, da strade e viadotti avvitati gli uni agli altri.
Le atmosfere e gli stati d’animo sono importanti in un film, a volte forse più fondamentali della storia che vi si annida dentro, che si avviluppa intricata e talvolta inespugnabile tra i tendoni scuri e tetri di un palcoscenico che non concede scampo e ti avvolge in un ingorgo di male ed orrore senza ritorno.
In un noir che si rispetti, e Black Coal appartiene certamente a questa categoria di eletti, la figura della “dark lady” appare inevitabile, vitale ed indispensabile per lo sviluppo di un intrigo spesso assurdo, folle, eccessivo, ma proprio per questo inquietante ed insieme appassionante.
Il fatto che per l’ex agente Zhang Zili - in caduta libera dopo la perdita della propria donna, del proprio lavoro in polizia in seguito ad una sparatoria occorsa proprio in occasione dell’inizio dell’indagine che sta alla base della vicenda, dopo che in vari vagoni di carbone iniziarono ad emergere parti di un corpo umano ed egli a condurre una vorticosa inchiesta destinata a protrarsi ben oltre la durata del proprio incarico – incroci ben presto il proprio destino in picchiata con quello della esile, timida, sensibile vedova della prima vittima, non sarà affatto un caso: la apparentemente vulnerabile commessa di una lavanderia risulterà collegata ad almeno un paio di altri casi di omicidi cruenti come quello del proprio consorte. E dopo oltre cinque anni il nostro ex agente, ingrassato e stordito dall’alcol, troverà la forza per collaborare attivamente con l’ex collega dei vecchi tempi, ritrovando, almeno in parte, quella fiamma vitale di un tempo, destinata tuttavia a farlo sprofondare ancora più a fondo, inesorabilmente e crudelmente.
Complesso e fino a risultare farraginoso, ma forte di uno stile brutale e magnetico che non rinuncia a momenti di sarcasmo o quasi comici (la meravigliosa scena del furto con scambio della moto del protagonista sfinito dall’alcol per un vecchio scalcinato motorino mentre imperversa una fitta e cupa nevicata) e che si avvicina (senza tuttavia raggiungerne appieno la levatura), a quello malefico e spietato dello Jia Zhang-ke de “Il tocco del peccato”, il noir di Yinan Diao si fa forte dei suoi due personaggi principali, il poliziotto alla deriva, sfatto fisicamente e moralmente, alla mercé del secondo epicentro umano, ovvero una donna non bellissima (come non lo furono nella più classica accezione di bellezza divistica due dark ladies per eccellenza quali Barbara Stanwich o Bette Davis), ma carismatica, apparentemente debole, ma con molto rancore e risentimento in grado di tenerla follemente in vita. Una vedova nera perfetta, la nuova e molto più dimessa Theresa Russell dell’est che fa della propria apparente debolezza l’arma vincente per sopraffare e piegare il mondo circostante, rozzo, violento ma altamente vulnerabile appena abbassa le difese.
Il meritatissimo (a mio avviso) Orso d’oro alla Berlinale 2014, arriva ora nelle sale francesi, che intelligentemente e stoicamente non si mostrano troppo arrendevoli di fronte ad una minaccia calcistica ormai dilagante, oltralpe non meno che da noi, e che, ben più della calura imminente, tende ad allontanare dalle sale forse il pubblico indistinto frequentatore di blockbusters, ma in modo molto meno incisivo quel nocciolo duro, seppur percentualmente sparuto, della cinefilia più convinta e imperterrita.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta