Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film
10 Maggio 1996, Everest, Himalaya. Due spedizioni commerciali, una americana e l'altra neozelandese,durante la fase di ridiscesa dalla cima della montagna, vengono colte di sorpresa dalle avverse condizioni meteorologiche e da gravi problemi organizzativi. Nove componenti perderanno la vita, tra i quali gli esperti e famosi alpinisti alla guida due gruppi Rob Hall e Scott Fischer.
Dal resoconto della spedizione di Jon Krakauer, uno degli alpinisti del gruppo di Hall sopravvissuto alla tragedia, l'islandese Baltasar Kormákur trae un blockbuster celebrativo che assomma a tutti i pregi economici delle fastose produzioni Hollywoodiane (65 milioni di dollari) gli inevitabili difetti di una scrittura che si muove tra le forre del melodramma e le inaccessibili vette dell'agiografia, rischiando a più riprese di essere travolto dall'inesorabile valanga del ridicolo e dei fischi in sala. Contando su di una confezione che ricalca la spettacolarità degli scenari naturali di innumerevoli produzioni precedenti (North Face e Nanga Parbat per citare i più recenti) e sull'esaltazione di uno spirito eroico che si riserva a chi ha scelto un mestiere tanto spericolato e animato da un irriducibile idealismo, lo scandinavo Kormákur conosce i pericoli del freddo e il rispetto che si deve alle travolgenti forze della natura, ritenendosi quindi titolato per propinarci le abbondanti due ore di un programma di preparazione ad una scalata che odora di tragedia lontano un miglio, con tanto di telefonate a casa di padri preoccupati o prossimi venturi quali stucchevoli inneschi drammaturgici che dovranno presentare alla fine il loro conto salato di lacrime facili ed emozioni a buon mercato. Se la struttura da melò in carenza di ossigeno appare tanto scontata quanto inevitabile per un film del genere, quello che più sembra difettargli è l'anonimo appeal di personaggi che mostrano il limite di un resoconto romanzato che ci conduce lontano dalle roventi polemiche che hanno animato il dopo tragedia e che ha visto contrapporsi i resoconti di due reduci (Jon Krakauer e Anatoli Boukreev) affiliati alle due principali spedizioni laddove, propendendo per la versione del primo, viene esaltata l'impavido eroismo di Hall a scapito della guascona cialtroneria di Fisher. Forse un pò confusionario nel finale concitato di una tormenta infernale, il film cerca di riscattarsi grazie agli scenari sempre affascinati dell'ambientazione nepalese ed al filo diretto di comunicazione satellitari che se ne fregano dell'intemperanza degli Dei e del fuso orario, conducendoci sul periglioso crinale della solita manfrina su chi, pur di raggiungere la vetta, è disposto a farne la propria tomba e mancando totalmente su quello appena abbozzato di una legittima critica allo sfruttamento commerciale di un passatempo tanto pericoloso. Tutto già visto grazie, compreso il solito 100% texan brave man di un impavido Josh Brolin nella parte di chi si salva pensando che... 'Torna, sta casa spetta a te'. Don't worry, Beck is back!
Presentato 72ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, sembra non sia stato accolto molto bene in sala. Cronaca di una tragedia annunciata, sì quella del film!
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