Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
Pungente racconto di formazione, travestito da commedia simpatica, ma non privo di tonalità drammatiche.
La disuguaglianza sociale è un prodotto esclusivo dell'uomo. Rousseau individuava l'origine della società civile, e quindi dell'ineguaglianza fra classi, in quel momento preciso, perso oramai nella notte dei tempi, in cui qualcuno, dopo aver recintato un terreno, pensò di dire "questo è mio". Sempre secondo il pensatore francese, nello stato di natura, il quale precede la formazione della società, le uniche cagioni di disuguaglianza sono da attribuirsi a semplici differenze fisiche fra gli uomini. Il possesso, la ricchezza, il potere, cose assolutamente contro natura, con la loro affermazione, hanno comportato il superamento dello stato di natura e la supremazia della società civile che oggi fattualmente esperiamo. Ozu rappresenta, fatte le dovute proporzioni, un po' tutti questi elementi. I bambini non possiedono innata la nozione della disuguaglianza: sono la metafora dell'uomo nella sua condizione pre-sociale. Fra di loro, al più, si contendono la leadership del gruppetto attraverso prove di coraggio. I due piccoli protagonisti, figli di un impiegato, sono inizialmente vessati dal figlio del principale del loro papà. Successivamente riesce loro di rovesciare la situazione iniziale grazie a una prova qualificante del loro valore. Per i due bambini, inoltre, nella fase pre-sociale, il padre incarna una figura mitica, eroica, indiscutibile, è insomma il modello massimo al quale anelare per realizzarsi nell'esistenza. Accade poi, cruda e spiacevole scoperta, che i bambini si rendano conto che il padre è un poveraccio, anche un po' servile, e totalmente sottomesso a qualcun altro. La loro primazia nei confronti del compagno di scuola, ossia il figlio del ricco e potente principale del padre, viene ribaltata, forse irreversibilmente. I bambini attraversano quindi una prima fase di negazione e ribellione verso la realtà costituita, seguita da una seconda fase di accettazione che segna, in un certo senso, il loro ingresso, a capo chino, nella vita adulta, nonché nella società costituita. Dietro il registro da brillante commedia di formazione, alligna un dilemma di non lieve entità. Non è affatto facile né scontato identificare quale sia la reale bugia che viene raccontata all'uomo. Se sia quella a cui si è portati a credere da bambini, ovvero il credo idealizzato di un mondo dove non esiste un potente al quale sottomettersi; o la condizione alla quale è obbligato ad assoggettarsi l'uomo nell'età adulta, vale a dire il costante, penoso ed odioso ripetersi della dialettica fra il servo e il padrone, chi non ha e chi ha, chi obbedisce e chi comanda, chi subisce e chi fa. Nasce concreto il sospetto che da quella famigerata notte dei tempi, l'uomo sia vittima di un terribile inganno responsabile di aver contraffatto e manomesso la sua storia.
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