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Boyhood

Regia di Richard Linklater vedi scheda film

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La recensione su Boyhood

di FilmTv Rivista
9 stelle

Lorelei Linklater, Ellar Coltrane, Ethan Hawke

Boyhood (2014): Lorelei Linklater, Ellar Coltrane, Ethan Hawke

 

Che sia l’ambizione più nobile o solo quella più radicata è irrilevante: raccontare la vita al cinema è assioma indissolubile. Linklater sulla questione ha detto molto - e bene - in passato, con una sensibilità a volte trascurata, ma non più trascurabile. Boyhood segna uno scarto significativo sotto il profilo autoriale (celebrando il cambiamento invece della nostalgia) e di contenuto, che rigenera l’idea stessa di racconto di formazione. La storia di una famiglia filtrata dallo sguardo acuto e paziente di Mason, da quello di sua madre Olivia e sua sorella Samantha, raccontata in 12 anni realmente trascorsi, con soli 39 giorni di ripresa, è un saggio di equilibrio e finezza miracoloso: ci porta nel flusso di parole, immagini, suoni e riti di passaggio, accompagnati dal nostro bagaglio biografico. Che si attiva durante la visione, scatenando un’empatia che cresce e si sviluppa per molto tempo successivo. Come nella migliore serialità (la crescita di Mason ricorda quella di Claire Fisher in Six Feet Under) l’opera di Linklater agisce sotterraneamente e ci trascina lì dentro; seleziona nel caos i dettagli sensibili e ti rende impossibile un addio.

 

Ethan Hawke

Boyhood (2014): Ethan Hawke

 

Ma lo fa con una scrittura gentile e mai coercitiva, senza strilli, scene madri, sottolineature enfatiche o ruffianate. Perché alla fine «non si coglie l’attimo, ma è l’attimo a cogliere te» come chiosa Mason durante la prima giornata della sua seconda vita al college, con quell’esistenzialismo scapigliato che è irrilevante sondare se sia un castigo o un dono (l’importante è che non sia una posa), ma che lo costringe alla diversità dai coetanei. A volte semplicemente si è così: ci si chiede il perché delle cose, altre volte si nasconde un cartellone pubblicitario di McCain a favore di quello di Obama, senza farsi tante domande, perché te l’ha chiesto tuo padre. Che si fa vedere ogni tanto, ma va bene così; ti vuole bene, ce la mette tutta: inutile gettargli sulle spalle le colpe di un’istituzione fallace e arbitraria. Ma Mason rimane un riflessivo: assorbe, ascolta e codifica l’esistente. Non può farne a meno. Però la serenità è lì, da aggrappare in un momento, non c’è troppo da starci a pensare. Insomma, la vita scorre, l’America cambia, le ragazze sono strane, i ragazzi bulli, i padri vanno e vengono, Patricia Arquette ingrassa e continua a sbagliare mariti (il modo un po’ didascalico con cui escono di scena è l’unica debolezza dello script), ma il senso delle cose rimane in quegli attimi irripetibili in cui si sbaglia, si gioca, si ferisce e si ama; gli attimi che nascondono la tirannia del tempo. Che è anche quella della visione. Ne vuoi ancora ma non ce n’è più. Stacco. Nero. Arcade Fire. Fine. Commozione.

 

Ellar Coltrane

Boyhood (2014): Ellar Coltrane

 

 

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Recensione pubblicata su FilmTV numero 42 del 2014

Autore: Adriano Aiello

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