Regia di Alex Garland vedi scheda film
Sempre fascinoso il rapporto uomo- macchina, e il film dell'esordiente Alex Garland incentra le aspettative sul test di Turing, il criterio per stabilire se una macchina pensa. Un'intelligenza artificiale messa alla prova da un eccentrico magnate inventore di un mega motore di ricerca, che mette alla prova uno dei suoi più ingegnosi programmatori - per una settimana ospite della magione ipertecnologica e pure claustrofobica, dove risiede il ricchissimo genialoide -, per mettere alla prova se stesso e la sua capacità di “sostituirsi a dio” e creare “vita” pensante e senziente a tutti gli effetti, e tutti insieme mettono alla prova lo spettatore calato in questo poker al buio dove tre umani e una robottina niente male giocano al gatto col topo.
Dopo una ventina minuti di schermaglie comprendiamo però che la parte del topo è riservata a noi in poltrona e che ci stanno tirando tranelli da tutte le angolazioni e con tutte le telecamere possibili.
Il ragazzetto che testa il Turing è troppo sensibile, il magnate è troppo farlocco, la cameriera troppo algida, l'Intelligenza Artificiale (interpretata da una magneticamente enigmatica Alicia Vikander), troppo paracula.
Insomma, noi il test lo abbiamo superato in tempo fin troppo utile, ma intanto ci godiamo i frammenti di liberatorio paesaggio agreste norvegese, il tentativo di virare in thriller una struttura filmica che rischiava l'accartocciamento su se stessa morsicandosi ripetutamente la coda, le più o meno filsofiche introspezioni sui dubbi palpabili che attanagliano il pensiero umano ogni volta che la sensibilità viene sollecitata e questa intelligenza artificiale che, a gestirla troppo umana/mente e con troppo autonoma, diventerà come tutto il resto del genere umano: inaffidabile.
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