Trama
Mardin, 1915: una notte la gendarmeria turca inizia la caccia a tutti gli uomini armeni. Il giovane fabbro Nazareth Manoogian viene separato dalla sua famiglia. Sopravvissuto all'orrore del genocidio, anni dopo scopre che le figlie gemelle sono vive e decide di rintracciarle. La sua odissea lo porterà dai deserti della Mesopotamia fino alle praterie solitarie del North Dakota, incontrando personaggi buoni ma anche cattivi e persino il diavolo fatto persona.
Approfondimento
IL PADRE: SULLO SFONDO DEL GENOCIDIO ARMENO
Diretto da Fatih Akin e scritto dal regista con Mardik Martin, Il padre è il capitolo conclusivo di una trilogia sull'amore, sulla morte e sul diavolo, iniziata con La sposa turca e continuata con Ai confini del Paradiso. Considerata in termini finanziari e realizzativi come la produzione più ambiziosa di Akin, Il padre si muove sullo sfondo del genocidio armeno di inizio Novecento per raccontare le vicende di Nazareth, un armeno che dopo essere scampato alla morte scopre come le due figlie siano ancora vive e decide di mettersi in viaggio per rintracciarle.
Dalla lavorazione lunga e travagliata, Il padre in un primo momento prevedeva lo svolgersi di cinque storie parallele, ognuna tesa a sottolineare come il diavolo fosse insito in ognuno di noi. Akin ha poi optato per una sola linea narrativa su consiglio del regista Costa-Gavras, che dopo aver letto la sceneggiatura lo ha invitato a concentrarsi esclusivamente su una delle storie, su quella che riteneva più rappresentativa dei suoi scopi. Quando infine la sceneggiatura finale è stata completata, Akin ha avuto la grande occasione di conoscere Mardik Martin, sceneggiatore di Martin Scorsese per Toro scatenato e New York, New York. Lavorando sulla versione inglese del copione, Martin e Akin hanno ulteriormente snellito la storia e trovato quella che sarebbe diventata senza ulteriori cambiamenti la vicenda raccontata in Il padre.
Conosciuto per il suo perfezionismo, Akin ha fatto sì che ogni elemento della storia del film corrispondesse a verità, recandosi in prima persona nei luoghi raccontati e avvalendosi dell'aiuto di alcuni dei più grandi esperti del genocidio armeno, tema storicamente complesso. A far quasi da consulenti e fonti sono stati: Wolfgang Gust, ex editore della rivista Spiegel e autore di numerose pubblicazioni sull'impero Ottomano, sul genocidio armeno e sulla responsabilità congiunta della Germania; Taner Akçam, docente di storia all'Università del Minnesota ed esperto di genocidio; e Kathrin Pollow con i suoi studi sui bambini armeni morti nel 1915 negli orfanotrofi di Libano, Siria e Iraq.
Con la direzione della fotografia di Rainer Klausmann (che ha lavorato per sei settimana su una sedia a rotelle a causa di un incidente che gli ha causato la rottura dell'anca), le scenografie del premio Oscar Allan Starski e i costumi di Katrin Aschendorf (a cui il regista Atom Egoyan ha messo a disposizione gli abiti di scena del suo Ararat), Il padre è stato girato in tre continenti diversi (Asia, Europa e America) in CinemaScope e ha per protagonista Tahar Rahim, chiamato a recitare "muto" per gran parte delle sequenze (Nazareth, il personaggio centrale, viene ferito alla gola da un turco e le sue corde vocali vengono irrimediabilmente danneggiate).
Note
Difficile aspettarsi, da Fatih Akin, un tale polpettone fiacco e didascalico, eppure Il padre è proprio così: intreccia urlando similitudini banali, annacqua subito il fatto storico relegandolo a mero pretesto d’avvio dell’avventura, punta al classicismo da kolossal ma non ne afferra mai la potenza epica ed evocativa, si poggia su una sceneggiatura che allinea meccanicamente fallimenti per un soffio, agnizioni da feuilleton, improbabili fortune. Le intenzioni e le ambizioni si vedono tutte: è per questo che la caduta suona ancor più fragorosa. Terzo capitolo della trilogia "dell'amore, della morte e del diavolo" aperta da La sposa turca (2004) e continuata da Ai confini del paradiso (2007).
Trailer
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Commenti (3) vedi tutti
Dalla fine dell’Ottocento, quando sempre più evidente era la crisi dell’Impero Ottomano, il movimento nazionalista dei Giovani Turchi aveva scatenato persecuzioni violente contro le minoranze culturali e religiose che componevano la complessa realtà multietnica del territorio imperiale.
leggi la recensione completa di laulillaFilm epico,implicitamente religioso,a tempi distesi e ampi paesaggi.L'eroe,nel contesto del male dominante,incontra persone solidali che gli permettono di proseguire la sua ricerca.Riduttivo il titolo italiano.The cut non indica solo il taglio delle corde vocali,ma lo sradicamento che culmina nei sassi contro il cielo.Dall'abisso la lenta risalita.
commento di giammazCaduta rovinosa per uno dei più interessanti registi della sua generazione, come spesso succede ai grandi.
leggi la recensione completa di vjarkiv