Regia di James Marsh vedi scheda film
Stephen Hawking è un genio: fisico, matematico e cosmologo inglese al quale, nel 1963, i medici gli diagnosticarono la SLA e gli diedero una speranza di vita di due anni. In realtà, la patologia, secondo ipotesi più recenti e considerato il fatto che lo studioso è tutt'ora vivente, è pressoché assodato sia l'Atrofia Muscolare Progressiva, anch'essa altamente invalidante ma dal decorso incredibilmente lungo.
La sua condizione, associata ai suoi studi sui buchi neri, l'origine dell'Universo e la sua infinitezza e la possibilità di spiegare tutti questi grandi quesiti con un'equazione matematica lo hanno reso celebre al di fuori dell'ambiente degli addetti ai lavori, rendendolo una specie d'icona del mondo contemporaneo.
Da una vita così al di fuori dell'ordinario però, il regista James Marsh - ammirato in passato per l'ottimo 'Man on Wire', documentario su un altro individuo 'straordinario' in tutt'altri campi, l'acrobata Philippe Petit - è riuscito a trarre ben poco di geniale.
'La teoria del tutto' ci racconta la vita di Hawking (Eddie Redmayne) prendendo spunto dalla biografia della prima ex-moglie dello scienziato, Jane Wilde (Felicity Jones), ed in questo risiede per me gran parte del fatto che il film sia un'occasione mancata per rendere sullo schermo una storia talmente incredibile in maniera originale e memorabile.
Se James Marsh, nella prima parte, riesce a maneggiare uno script così pieno di cliché - la storia d'amore avversata dalla malattia, l'handicap fisico in una persona di genio - è perché tanto il tema scientifico, generalmente pedante di suo, e l'esplodere della malattia sempre più in maniera aggressiva, vengono affrontate con un po' di ironia tipicamente british che toglie parzialmente l'angoscia che si prova nell'assistere alle sequenze più drammatiche, quando Hawking non riesce ad avere più il controllo dei movimenti volontari e del proprio corpo in generale.
Nel prosieguo però, a seguito dell'immobilità pressoché totale dello studioso, protagonisti diventano i 'turbamenti' della moglie Jane, tenace nel sostenere il marito che continua gli studi ma anche dibattuta perché inizia a provare un sentimento per l'amico di famiglia Jonathan (Charlie Cox), da lui condiviso e ciò porrà fine al matrimonio.
Da qui fino alla fine, le scene in cui si eccede in sentimentalismo prendono il sopravvento, che raggiunge lìapice nella scena con lo studioso che ormai comunica con il sintetizzatore vocale davanti alla platea; per fortuna, Marsh si riprende con una sequenza montata con stile da videoclip e con scene al contrario, in cui assistiamo ai momenti più salienti della vita di Stephen e Jane, in una specie di gioco con il tempo e lo spazio, variabili studiate con così tanta passione da Hawking.
Ottimi i due protagonisti, entrambi candidati all'Oscar nelle rispettive categorie: Felicity Jones è incantevole nei panni della compagna di una vita dello scienziato, ma è ovviamente Eddie Redmayne, nel difficile ruolo di Stephen Hawking, a fare la parte del leone.
Bravo tanto all'inizio, quando il suo corpo è colto dai primi sintoni della malattia, con gli arti che non rispondono più agli impulsi del cervello e si rattrappiscono, e straordinario quando, a poco a poco, rimane come 'prigioniero' di una male infido ma invisibile ma non rinuncia a portare avanti a suoi studi, grazie anche all'uso di strumenti tecnologici che gli consentono di comunicare con il movimento degli occhi.
La parte si prestava a cadute nella caricatura ma il giovane attore inglese è riuscito ad evitarle e ora parte da favorito nella corsa alla statuetta dell'Academy.
Voto: 6,5 (visto in v.o.s.).
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