Regia di James Marsh vedi scheda film
Complici anche le sue apparizioni (animate o in carne e ossa, intero o in forma di testa parlante) in Futurama, I Simpson, Star Trek, ci siamo fatti l’idea che Stephen Hawking - da decenni consacrato come universale icona pop, oltre che “rockstar della scienza” - non difetti di sense of humour. Non manca neppure alla versione dell’astrofisico portata sullo schermo con impressionante mimesi da Eddie Redmayne, soprattutto nelle battute iniziali di La teoria del tutto, dove il personaggio corrisponde con leggerezza allo stereotipo goffo ma determinato del giovane genio. Il film, invece, è un’altra storia: inaspettatamente - considerato che James Marsh, oltre agli acclamati doc Man on Wire e Project Nim, ha firmato il bel Doppio gioco - scorre sui binari del biopic più convenzionale, mitigando i tentativi smaccati di strappar lacrime con un diffuso pudore molto british, soffocando ai margini l’indagine professionale e le motivazioni di tanta testardaggine e del conseguente successo, per concentrarsi soprattutto sulla relazione tra Stephen e la prima moglie Jane - e il principio sarebbe pure lodevole, se il risultato non ci precipitasse presto in un abusato schema di gelosie & rimpianti sentimentali. Ironia ai minimi termini, ma molti ralenti e montaggi in musica, la luce del tramonto che cala sullo zucchero e forse il desiderio, per qualche spettatore, di correre a rivedersi Il giovane favoloso.
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