Regia di Ryan Murphy vedi scheda film
“Non si smette mai di lottare per chi si ama”
Produzione d’eccellenza per la televisione targata HBO, trasmessa in chiaro in Italia da MTV8 in prime time (complimenti), capace di abbinare l’importanza di un tema, e di una generale denuncia tra passato e presente (perché forse oggi non se ne parla più abbastanza), ad una realizzazione che non difetta in fatto di qualità, sia umana, con un buon cast, che tecnica.
Poco tempo dopo la comparsa del virus dell’aids, Ned Weeks (Mark Ruffalo) diviene uno dei principali attivisti impegnati nel portare il tema alla visione di tutti.
Quando il suo compagno (Matt Bomer) s’ammala, la sua battaglia si fa ancora più accesa, i suoi modi aggressivi però non sono ben visti da chi collabora con lui, mentre al suo fianco rimane sempre la dottoressa Emma Brockner (Julia Roberts) che pur non potendo disporre dei mezzi consoni al suo impegno ha le idee più chiare di tutti.
AIDS, l’origine di un virus, presentato alla sua comparsa come il “cancro dei gay” tra uno scarso interesse generale, d’altronde le minoranze, tanto più se considerate scomode, non meritano mai attenzione, il che oltre ad essere sbagliato in senso stretto, uno Stato dovrebbe tutelare ogni suo cittadino dal primo all’ultimo, lo è ancor di più allargando il discorso dato che quella che nei primissimi scampoli degli anni ottanta pareva essere un’epidemia dalle prospettive ristrette si è poi rivelata la catastrofe umana che tutti abbiamo imparato a conoscere nel corso del tempo.
Tanto tempo perso con un’iniziale “rimozione” che fa male tanto quanto la singola vita persa di una persona cara, con le difficoltà di capire con cosa si stava combattendo da parte dei pochi che non si giravano dall’altra parte, prevaricazioni pesanti (il pubblico rigetto), porte chiuse in faccia, una comunità che da ridente si trasforma in oggetto macchiato da un dolore senza fine.
Le due ore girate da Ryan Murphy riescono a raccontare tutto questo rimanendo vicine ai sentimenti che muovono i personaggi in causa senza latitare in fatto di obiettività, aspetto reso vivo dalla reticenza nel soffocare quell’amore libero da tempo invocato nel nome di una possibile garanzia di salute e dalle contrapposizioni tra i ranghi di chi per primo si mosse per cercare di capire cosa stava falcidiando ogni giorno più uomini.
L’ignoranza era, rimane e purtroppo rimarrà, una piega umana che si può ritrovare sotto varie forme in ogni società, il tempo in tal senso non (ci) insegna (nulla), “The normal heart” riesce a fornire un quadro fornito sull’argomento senza scordarsi dell’aspetto prettamente cinematografico, con i tanti strazianti primi piani alternati a riprese più articolate rispetto a quanto ci si aspetterebbe da un prodotto televisivo standard.
Un film quindi importante, accresciuto dall’impegno artistico di Mark Ruffalo (attore valido per “tutte le stagioni”) e di Julia Roberts, che raramente abbiamo visto così caparbia, che s’inserisce a pieno merito tra i film di denuncia da vedere.
Per non dimenticare (e pensare).
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